My Old Lady – Recensione
Prodigio della letteratura, Israel Horovitz, che pubblicò il suo primo libro a tredici anni, approda anche dietro alla macchina da presa con una divertente commedia teatrale, che dimostra come il commediografo, ormai settantenne, ci sappia fare anche con il cinema. La pellicola infatti, altri non è che la riproposizione di una sua pièce, impreziosita dalle interpretazioni del terzetto Maggie Smith, Kristin Scott-Thomas e Kevin Kline.
È proprio quest’ultimo ad essere al centro dell’opera. Kline infatti, indossa i panni dell’americano Mathias, che arrivato a Parigi senza un soldo in tasca, deciso a rifarsi una vita vendendo l’appartamento nel Marais che ha ereditato dopo la morte del padre, scopre però che è occupato da Mathilde (Maggie Smith), una novantenne e da sua figlia Chloé (Kristin Scott Thomas): rimarrà tale fino alla morte dell’anziana. Mathias inoltre, dovrà pagare a Mathilde un mensile, come prima di lui aveva fatto suo padre per quarant’anni. L’uomo dichiarerà guerra all’anziana e alla figlia e, convivendo con loro, scoprirà cose di suo padre che non conosceva.
La pellicola si sviluppa interamente nell’appartamento in questione, secondo i canoni tipici del teatro. Spazi angusti, stretti, impregnati di muffa e di ricordi (storie d’amore e dolori dimenticati o mai conosciuti), che diventano palcoscenico delle divertenti gags e dei momenti drammatici della pièce.
La costruzione e la riuscita del film però, sono attribuibili più alle interpretazioni dei tre protagonisti. Il terzetto di attori si è infatti prestato interamente al suo regista, che da vicino, attraverso l’indugiare di numerosi primi piani, ne ha catturato la loro bravura. I numerosi dialoghi sono inoltre il veicolo con il quale si crea il climax, che vede il suo apice grazie ad un Kline adeguato nel suo andare oltre le righe.
La Scott-Thomas ha invece la funzione di collante fra la Smith e quest’ultimo ed è grazie alla commistione fra le diverse nazionalità (francese ed inglese), che l’attrice diventa il ponte fisico di congiunzione tra Mathilde e Mathias, il fulcro della sceneggiatura.
Horovitz punta tutto sul mettere a nudo i personaggi, li espone e dà ad ognuno il proprio momento per esprimersi: l’exploit iniziale di Mathias, la parte centrale affidata a Chloé e a chiudere la pièce, Mathilde.
In My Old Lady quindi, tradizione e modernità (teatro e cinema) riescono a convivere in armonia, il risultato però, non è dei più soddisfacenti. Le situazioni create, la vicenda di per sé molto simile a tante altre e la presenza dei topos tipici della ville lumiere, riducono la pellicola ad una semplice, anche se garbata, dramedy, ma da Horovitz ci si sarebbe aspettati di più.
Alice Bianco