Nebraska – Recensione
Un road movie malinconico, ma anche pieno di tenerezza, esaltato da una fotografia in bianco e nero che riesce a rendere “Nebraska” ancora più poetico, portando Alexander Payne a sfornare la sua opera più matura.
Woody (Bruce Dern) è un anziano un po’ scorbutico del Montana che scappa continuamente di casa cercando di arrivare in Nebraska dove è sicuro riceverà un ricco premio alla lotteria. Il figlio Dave (Will Forte), dunque, decide di accompagnarlo nel suoi viaggio, imparando così a scoprirsi di più.
Viaggio fisico e viaggio introspettivo. Su questi due sottili binari si fonda l’intera immensa opera di Payne che in poco più di 110 minuti costruisce una sorta di analisi interiore, una pellicola toccante come ancora non era riuscito a fare, grazie anche ad un gruppo di interpreti in stato di grazia.
Ma è anche un film sulla riscoperta delle proprie origini sia per Woody che ritrova il paese dov’è cresciuto sia per Dave che riscopre suo padre. Viaggiando tra fisicità dei luoghi ed emozioni che i luoghi stessi suscitano nel protagonista, “Nebraska” è un film elegante, leggero, ma anche fortemente profondo.
Ci si sente subito compagni di viaggio di questo simpatico vecchietto e con lui si prosegue attraverso uno sguardo che si confonde con quello stesso del regista che con la sua macchina da presa riesce a registrare il tutto colorando, è proprio il caso di dirlo, questo bianco e nero con i colori dell’affetto e dell’ironia che, come non mai, Payne qui usa con estrema intelligenza.
Se in “Sideways” c’erano degli eccessi di troppo, in “Nebraska” questo non accade: tutto è perfettamente equilibrato per dare il giusto sapore ad un film vivo che ha la sua punta di diamante nell’immortale Bruce Dern. Attraverso di lui Alexander Payne ci parla della vecchiaia e dei rimpianti della propria vita e della voglia di avere almeno una vittoria nell’esistenza, metaforicamente segnalata dal convinzione di ricevere un premio dalla lotteria.
Aiutato da un sorprendente Will Forte, Dern mette in scena dei siparietti memorabili tanto quanto toccanti, caratterizzando con ancora maggior significato il complesso rapporto padre-figlio. I due attori sono superbi a costruire il tutto sia con le parole, ma soprattutto con gli sguardi e i piccoli gesti che sono quelli che poi si insinuano nello spettatore con maggiore efficacia.
“Nebraska” è un film perfettamente riuscito che emoziona e fa riflettere, grazie ad un Alexander Payne che ha completato il suo percorso formativo e che può finalmente sbocciare come grandissimo autore.
Sara Prian