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Nelle tue mani – Recensione

Una storia di amore e musica, talento e passione, arte e vita.
Presentato nella sezione “Alice nella città” della tredicesima Festa del Cinema di Roma Nelle tue mani (in originale Au bout des doigts) è firmato da Ludovic Bernard e interpretato da Jules Benchetrit, Lambert Wilson e Kristin Scott Thomas.
Il film racconta la storia del talentuoso Mathieu. Un giorno qualsiasi, nel via vai di una stazione ferroviaria di Parigi, un giovane si mette a suonare un pianoforte che è a disposizione di qualunque persona voglia approfittarne. Per Pierre Geithner, direttore della sezione Musica del Conservatorio Nazionale Superiore di Musica di Parigi, di passaggio nell’affollata stazione, è una folgorazione. Mathieu Malinski è un ragazzo incredibilmente dotato. Pierre gli dà il suo bigliettino e gli dice di contattarlo ma il ragazzo, che proviene da una famiglia umile delle banlieu, preferisce dedicarsi ai furti d’appartamento insieme agli amici Kevin e Driss. Una notte, dopo un colpo finito male, Mathieu viene arrestato e processato. In tribunale arriva Pierre che gli propone di evitare la prigione in cambio di un lavoro socialmente utile come addetto alle pulizie al Conservatorio. Una volta nell’istituto, Pierre convince il ragazzo a seguire un corso intensivo con l’inflessibile insegnante nota come “Contessa”. Sulle prime svogliato e insofferente nei confronti della severa maestra, Mathieu finisce per accettare. Per salvare il suo posto di lavoro in bilico a causa della diminuzione del numero di iscrizioni, Pierre decide di scommettere il futuro della sua carriera su Mathieu iscrivendolo all’annuale Prix d’Eccellence, dove è impresa ardua emergere.

Il plot non è originale. Da un lato i richiami a un certo cinema d’animazione come il recente Ballerina, dall’altro l’aderenza al modello di tante storie di riscatto attraverso il talento artistico (le somiglianze con il primo capitolo della daga danzereccia di Step Up sono evidenti). Come non riconoscere nel giovane fenomeno del pianoforte Mathieu armato di ‘mocio’ per pulire i pavimenti del Conservatorio più famoso di Parigi il talento del ballo Tyler Gage (un Channing Tatum tutto muscoli a inizio carriera) di Step Up armato anche lui di secchio e straccio nella prestigiosa Maryland School of the Arts?
Anche questa volta al centro della storia c’è un giovane dal talento artistico che vive di rapine e furti, anche qui una condanna ai lavori socialmente utili, anche qui l’incontro con un mondo fatto di regole e severi insegnamenti, anche qui lo sbocciare dell’amore per una collega. Anche in questo caso, a segnare il drastico cambiamento di rotta nella vita di talenti inespressi, un concorso prestigioso dove giocarsi il futuro.
Il giovane Mathieu è l’ennesimo artista dotato che vive in un contesto povero e perciò tormentato, che frequenta cattive compagnie e che non ha i mezzi per approfondire quegli studi di piano a cui era stato avviato da un anziano mentore quando era bambino.
Il punto debole del film è la mancanza di approfondimento: i tormenti del giovane pianista, il contesto familiare, gli amici turbolenti della banlieu in cui vive, sono dipinti solo di sfuggita. Accanto a quelle del protagonista, anche le sofferenze del direttore del Conservatorio sono appena accennate: Pierre ha il suo carico di tragedie familiari (un figlio morto appena quindicenne di leucemia) e per di più rischia il posto di lavoro in favore di un musicista contemporaneo molto à-la-page. Non è esente da tale superficialità anche la storia con la violoncellista nera che arriva a dare una spruzzata di romanticismo ma che è dipinta con sequenze notturne da videoclip. E i dubbi del giovane che pensa di non essere all’altezza del contesto ed è tentato da un ritorno alla banlieu, vengono presto risolti da una corsa in auto con l’aiuto dei vecchi amici per arrivare (guarda caso) giusto in tempo per salire sul palco del concorso.
A risollevare da tanta banalità è il messaggio contenuto nel film: quella sostanziale differenza tra la bravura e quel quid in più, quella passione, quel cuore vibrante che solo pochi sanno mettere nelle cose che fanno. Il genio è qualcosa di unico, va al di là dello studio, della fatica, della preparazione, anche di una prova in apparenza perfetta.
“Il genio non è che l’infanzia ritrovata per un atto di volontà”, è la frase di Baudelaire pronunciata dal mentore Pierre al giovane pianista. Per il grande poeta francese il bambino è sempre ebbro, come è sempre ebbro un genio e come è ebbro di vita Mathieu quando nel finale del film lascia di stucco la platea del concorso con un’esecuzione da brividi del famigerato concerto n. 2 di Sergei Rachmaninov.
Tutti noi possiamo essere artefici vittoriosi delle azioni che determinano gli snodi principali della nostra vita. Perché l’eroe non è da ritrovare in modelli o idoli passeggeri, i nostri idoli siamo noi, il vero eroe è il nostro io interiore, perché conoscere sé stessi è la prima condizione per non sbagliare strada.
E per il protagonista del film conoscere sé stesso passa per i tasti di un pianoforte, attraverso quel gioco virtuoso e magico di dita (tanto intenso da arrivare alla lesione dei tendini) che conduce all’autorealizzazione e quindi alla felicità.

Elena Bartoni

 

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