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Non essere cattivo – Recensione

Dopo Amore tossico e L’odore della notte, arriva al Festival di Venezia, Non essere cattivo, l’ultimo capitolo della trilogia del recentemente scomparso, Claudio Caligari, un regista con una carriera breve, ma che Valerio Mastrandrea, uno dei protagonisti del secondo film, ha voluto onorare riuscendo a portare ad una mostra nazionale, l’ultima fatica dell’artista 67enne, spesso denigrato dalla censura.

Caligari con Non essere cattivo, fa concludere allo spettatore il suo viaggio in una Roma – Ostia degli anni ’90, mettendo al centro della vicenda due amici, Vittorio (Alessandro Borghi) e Cesare (Luca Marinelli), uniti da un’amicizia fraterna, che vivono fra discoteche, alcol, droga e spaccio. Col tempo però, Vittorio inizia a desiderare di vivere con Linda e prende le distanze dal migliore amico, che sprofonda in un tunnel dal quale verrà aiutato ancora da Vittorio, che cercherà nuovamente di coinvolgere l’amico.

La droga, l’amicizia e un mondo come quello delle borgate romane, tra case popolari e lavori di spacciatore o altri per poter sbarcare il lunario. Questo il contesto in cui il regista immerge ancora una volta lo spettatore.

I due protagonisti e i loro amici sono dei giovani adulti, frequentano l’ambiente mondano dei quartieri popolari e lì è ancora la tossicodipendenza a spadroneggiare, ma questa volta affiancata al lavoro. Un contrasto rispetto alla società attuale che è immersa in una crisi profonda, ma il film ambientato nel 1995, ne dà quel ritratto.

Davanti all’ultimo episodio di Caligari siamo infatti di fronte alla redenzione, i protagonisti cercano in tutti i modi di scappare dalla propria cruda realtà, anche se inesorabilmente si ritrovano a ripercorrerla.

Il neorealismo di Caligari si è trasformato, nei panni dei due interpreti principali non ci sono più degli attori tossicodipendenti, bensì due attori tra i più bravi del panorama italiano; il romanesco rimane la lingua del volgo, che serve ad ancorare la storia alla realtà è i due non si risparmiano, dando vita a due personaggi mossi dalla loro intensità emotiva e dal legame forte che li unisce.

È propria quell’unione che fa la forza a far concludere il film in positivo, facendo primeggiare la speranza. Ed è così che dopo la dettagliata ricostruzione del contesto sociale e le ottime interpretazioni, Non essere cattivo si proclama opera postuma riuscita, un viaggio conclusosi con un lieto fine, che convincerà o meno il pubblico.

Alice Bianco

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