Oh Boy – Un caffè a Berlino – Recensione
Un po’ atmosfere Alleniane, un po’ della Nouvelle Vague il tutto diretto con sapienza da un regista tedesco: Questo è “Oh Boy – Un caffè a Berlino”, opera tra le più interessanti uscite questa settimana grazie alla sua semplicità e all’uso del poetico bianco e nero.
24 ore nelle vita di Niko Fischer (Tom Schilling) nel suo girovagare tra le strade di Berlino alla ricerca di un caffè. Qui incontrerà diversi personaggi e verremmo a conoscenza della sua esistenza.
La pellicola di Jan Ole Gerster, qui al debutto alla regia di un lungometraggio di finzione, è un’opera rapsodica che affonda le sue radici nel cinema classico sia europeo che americano, attraverso il racconto.
Sì perché “Oh Boy” più che un film, sembra di sfogliare le pagine di un racconto breve che riesce in poco meno di un ora e mezza a raccontare la solitudine dei giovani d’oggi, che hanno perso il senso della loro esistenza. La vita di Niko, infatti, composta da qualche apparizione fuggente, ma principalmente caratterizzata dalla solitudine, ben si contrappone con il caos di una metropoli come Berlino.
Ma la vita è anche, nonostante tutto, poesia ed ecco che allora Gerster decide di utilizzare un atipico bianco e nero che permette alle scene di susseguirsi avvolgendo lo spettatore e lo stesso protagonista in un’atmosfera che fa emergere pian piano le ambizioni della pellicola.
Non si parla solo di una gioventù incapace di vivere, che ha bisogno dei soldi dei genitori, ma anche di ribaltare l’idea di voler avere successo a tutti i costi da parte del regista il cui protagonista diventa, da questo punto di vista, l’alter ego.
Non ci sono veri e propri co-protagonisti, ma personaggi che appaiono per lo più in una o massimo due sequenze, ma che sono fondamentali per il percorso di Niko come a raccontare, senza troppi fronzoli, il concetto che chiunque entri nella nostra vita, anche solo per pochi minuti, può cambiare il nostro percorso per sempre.
“Oh Boy” è un film che prosegue per tappe, per piccoli step che, invece di portare alla salvezza del protagonista, lo pongono di fronte alle poche speranze per il suo futuro. Una presa di coscienza moderna, in un film che riscopre il cinema tedesco nella sua purezza d’intenti e scarne ambientazioni.
Sara Prian