One on One – Recensione
L’habitué del Festival di Venezia, Kim Ki-duk, torna quest’anno al Lido presentando la sua ultima opera nella sezione Giornate degli Autori. La feroce violenza è ancora una volta l’arma che usa per stupire lo spettatore, tra torture, uccisioni, corruzione, violenza e chi più ne ha più ne metta.
Una giovane studentessa liceale viene brutalmente assassinata. Mentre torna a casa, uno dei suoi sette assassini viene rapito da alcuni soldati altamente addestrati. Dopo esser stato torturato e costretto a scrivere la propria ammissione di colpa, viene rilasciato. L’uomo nel frattempo si accorge che anche gli altri assassini della ragazza vengono rapiti, torturati e indotti perfino a suicidarsi. Pedinandone uno, scopre il nascondiglio dei loro comuni persecutori, le Ombre.
Ricchi e poveri, vittime e carnefici, corruzione e giustizia, questi i temi a confronto che il cineasta coreano ha deciso di portare in scena, in una sceneggiatura metateatrale, anche se troppo schematica, che affibia a tutti dei ruoli, mettendoli in discussione.
Chi sono io? Ma più che altro chi è la vera vittima e chi il carnefice? La ragazza che inizialmente si vede, aggredita dagli uomini, può essere vista come la rappresentazione stessa della Corea del Sud, una nazione violentata dal suo governo, rappresentato a sua volta dai mandanti dell’uccisione. Il protagonista, a capo della banda delle Ombre, è il simbolo del popolo tutto, povero ed inerme di fronte ai politici corrotti.
Questa natura politica del film, è individuabile sin dall’inizio, in un contrapporsi a show dei dialoghi terreni o filosofici tra i componenti della banda. La violenza, la giustizia e il definire cos’è giusto e cos’e sbagliato, i temi principali.
Dicotomie, ruoli e l’ambientazione stessa, contribuiscono ad ingabbiare la pellicola in uno schema teatrale (quasi fossero scene e atti), che seppur avendo una sua originalità, affetta però il ritmo e la fluidità del film.
Errore facilmente accettabile se ci si concentra sulla natura di denuncia sociale e sulla parte concettuale della pellicola, coraggiosa ed elevata da quel punto di vista, che è in grado di riflettere su argomenti spesso tabù,entra violentemente nella mente e nell’animo dello spettatore.
Alice Bianco