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Pane e Burlesque – Recensione

Come affrontare la crisi economica scherzandoci su e tentando di fare spettacolo, questa l’impresa, riuscita a metà, della regista Manuela Tempesta, che puntando sugli interpreti più conosciuti del nostrano panorama attoriale, ha imbastito una commedia sui generis che purtroppo però, non riesce a lasciare il segno.

Monopoli, Puglia. La fabbrica di ceramiche che dava lavoro a molti degli abitanti, ha chiuso lasciando numerosi cassaintegrati e un coro di proteste e la merceria di Vincenzo (Edoardo Leo) e Matilde (Laura Chiatti), dove lavora Teresa (Michela Andreozzi) il cui marito è un ex operaio ora disoccupato, presto sarà costretta a fare lo stesso. L’arrivo di Giuliana detta ‘’Mimì La Petite’’ (Sabrina Impacciatore), falsa “regina del burlesque”, scuote l’umore della cittadina e fornisce un’inattesa occasione di impiego a Matilde, Teresa e alla cameriera Viola (Giovanna Rei).

L’Italia del folklore, del bel canto, della bellezza femminile e del sapersi arrangiare con i mezzi a propria disposizione, sono tutte caratteristiche nostrane, che ritroviamo anche in Pane e Burlesque, una pellicola che affronta la triste quotidianità del Belpaese, interrotta per fortuna da una grandiosa ‘’Mimì La Petite’’, una Sabrina Impacciatore che fa il verso a Ditta Von Teese, colonna portante del film, che con un linguaggio tutto suo e una verve sensazionale, dà vigore al film.

Manuela Tempesta, famosa più per un cinema di genere documentaristico, con questa pellicola ha deciso di porre al centro della narrazione il punto di vista della donna, l’unica in grado di risollevare la situazione e, in questo caso, con gli strumenti fornitigli da Madre Natura, un pizzico di fantasia ed originalità.

Di novità però, non si tratta, se pensiamo alla pellicola nel suo complesso. Il burlesque, additato nel film dai bigotti, ma di nascosto apprezzato, è sembrata l’occasione giusta per mettere in scena una commedia all’italiana, ma purtroppo prendendo troppo spunto da altri film, impossibile infatti non pensare al Full Monty (1997) di Peter Cattaneo o alla cameriera disperata Christina Aguilera, di Burlesque.

Vivo, senza ombra di dubbio, lo spirito dell’autoironia, del finto pavoneggiarsi e del dimostrare la propria sensualità senza essere volgari, tipico del burlesque, ma questo però, non basta. Ennesimo film sulla crisi economica, il film infatti, impressiona poco, non si sbilancia e non è generoso nemmeno per quanto riguarda i dialoghi, poco divertenti e spontanei e con solamente qualche gag azzeccata, una commedia quindi, che avrebbe potuto dare e dire di più, troppo ancorata al dimostrare e al non deludere, per spiccare in originalità. Peccato!

Alice Bianco

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