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Passo Falso – Recensione

Tensione, calore, preoccupazione ed intensità, queste le sensazioni provate con Passo falso (Piégé), la produzione italo-francese che porta sul grande schermo una tipica giornata di guerriglia armata nel deserto afghano, sconvolta da un evento inaspettato.

Un piede inavvertitamente poggiato su una mina russa a doppio scoppio della Seconda Guerra Mondiale. Ed è così che cambia la prospettiva di vita di Denis (Pascal Elbé), un soldato francese di stanza proprio in quei territori martoriati dalla guerra. Il suo plotone è stato decimato dopo un attacco e accanto a lui ha solamente un camion carico di eroina con all’interno un ostaggio bendato, una radio che funziona a singhiozzo e una tempesta di sabbia in arrivo. Sopravviverà?

Buried (2010), 127 ore (2010), il più recente Land of Mine – Sotto la sabbia (2015), tutti film del genere survival story, storie vere o no, ultimamente sono la chiave giusta per tenere lo spettatore incollato allo schermo, un po’ meno alla poltrona, con improvvisi colpi… e non solo di scena.

Il regista francese Yannick Saillet, distingue il suo dagli altri film sopraelencati, pressocchè grazie alla destrutturazione del protagonista. È tutt’altro che un eroe, vorrebbe esserlo, ma ciò che ha caro è solamente la vita. Intorno a lui, solo desolazione. Così come quella che prova lo spettatore: da una parte catturato dalle tensione, collegata alla mina, dall’altra, in termini di empatia, ne esce tutt’altro che disarmato.

È il destino, l’elemento su cui punta tutto Saillet. Denis, il poco valoroso soldato, è un uomo che ha tradito un compagno d’armi, non sa come disinnescare la bomba, non ci si mette nemmeno d’impegno e decide quasi subito di attendere, desistere e aspettare che sia il fato a scegliere per lui.

Il tempo scorre e la situazione cambia poco, è però l’abilità alla regia a mantenere viva l’attenzione, così come la bravura di Elbé. Inquadrature più pacate e movimenti di macchina repentini, dialoghi e silenzi, primi piani e campi lunghi, sono queste le alternanze che riescono a far durare il film un’ora e venti, istanti di tensione e staticità.

Poco importa che Passo falso non vada in profondità, non rifletta sul conflitto e lo lasci sullo sfondo, l’essenziale in questo caso è visibile agli occhi ed è tutto ciò che conta. L’unica scena significativa dal punto di vista contestuale è quella in cui Denis viene raggiunto da una carovana di donne in burka, il simbolo dell’Afghanistan del potere e della ricchezza.

Realizzato con un budget ridotto, si tratta del primo lungometraggio di Saillet, un film essenzialmente riuscito, che riesce a discostarsi dai classici del genere, sprezzante nella sua immobilità, quasi onirico, forse irreale in alcuni aspetti, ma pur sempre degno di nota e consigliato.

Alice Bianco

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