Recensione di: Albert Nobbs
Fresco di ben tre nomination all’Oscar, tra le quali quella per la Miglior attrice protagonista a Glenn Close, arriva nelle sale italiane Albert Nobbs, quinto lungometraggio del regista Rodrigo Garcia. Basato su un racconto dell’autore irlandese George Moore, la pellicola racconta la storia del timido maggiordomo Albert Noobs. Figlia illegittima di genitori di cui non conosce l’identità, si traveste da uomo per poter lavorare e sopravvivere nell’Irlanda del XIX secolo. Più di trent’anni dopo si ritroverà coinvolta in un insolito triangolo amoroso e prigioniera della sua stessa finzione. Fin dalle prime battute Albert Nobbs si dimostra essere un’opera interessante, incuriosendo soprattutto per il suo strambo protagonista, magistralmente interpretato da Glene Close che, con il suo enorme talento e la sua incalcolabile esperienza, riesce a conferire credibilità ed autorevolezza alla sua interpretazione. La Close è anche brava a mantenere un certo sobrio equilibrio nella sua performance che gli permette di non sopraffare il racconto mantenendolo costantemente centrale. Al suo straordinario talento fa eco anche il restante cast di attori di primissimo piano, fra tutti la giovane Mia Wasikowska, il veterano Breendan Gleeson e la bravissima Janet McTeer che duetta a più riprese con la Close, riuscendo ad eguagliarne la bravura. Oltre al cast la pellicola è mirabile anche per un’efficace messa in scena che aiuta la storia a suscitare fascino e suggestione, talvolta riuscendo anche a sopperire ad alcuni momenti un po’ sottotono. Infatti, nonostante un buon inizio e una delicata ultima parte, nella parte centrale la narrazione pecca un po’ di ritmo, rischiando più volte di arenarsi definitivamente. Scotto da pagare questo, per l’eccessiva durate della storia che senz’altro avrebbe giovato di una maggiore capacità di sintesi da parte del regista che, al contrario, si dimostra abile nel giostrare momenti ironici e momenti tragici. Il risultato è un divertente, delicato e malinconico affresco di una Dublino del XIX secolo, alle prese con le difficili condizioni economico-sociali in cui riversa. Un paese che costringe gli uomini a dover rinnegare se stessi per riuscire a sopravvivere e dove nonostante tutto il sogno di un domani migliore rimane l’ultimo baluardo di speranza per poter sopravvivere ancora un giorno.
Serena Guidoni