Recensione di: American life
C’è da qualche parte nel mondo una Stazione Felicità dove albergare per qualche tempo, o magari, addirittura, porre delle radici?C’è un luogo che, obiettivamente, sia perfetto per far crescere nel modo migliore un figlio? Forse no, ma Sam Mendes con “American life” ci prova a scoprirlo, e per farlo costruisce una delicata commedia che, nell’impianto narrativo del road movie, ci porta a spasso per l’America insieme ad una giovane coppia in procinto di affrontare le innumerevoli difficoltà del diventare genitori. Burt e Verona sentono il desiderio impellente di trovare un utopico nido perfetto per la bambina in arrivo, e questa ricerca li porterà a incontrare nuove eccentriche, e tutt’altro che affascinanti, personalità, ma anche a rivalutare quei rapporti andati perduti nel lento logorio della lontananza. La “strada rivoluzionaria” non è quella della famiglia “perfetta” del duo Di Caprio/Winslet, ma un percorso vero e proprio che i protagonisti intraprendono, contrariamente ai loro predecessori, i quali non hanno avuto la forza di fare la stessa valutazione. Tralasciando, ovviamente, giudizi di tipo morale riguardo le scelte personali, paradossalmente la vera rivoluzione (se possiamo azzardare a definirla così!), sta nella consapevolezza che sia necessario trovare quel luogo adatto a crescere un bambino, e non dare per scontato che non esista. Sam Mendes, regista sottile e raffinato, dopo la maniacale indagine e tortura psicologica dei personaggi del suo ultimo lavoro “Revolutionary Road”, guarda ancora all’interno di un nucleo familiare, ma la visione che ne ritrae è decisamente più spensierata. Il regista si avvale di tre personalità tecniche di grande valore. Il film, infatti, è tratto da una sceneggiatura originale di Dave Eggers e Vendela Vida (coppia di scrittori molto in voga!) che hanno saputo alternare, in maniera perfetta, momenti e dialoghi assolutamente divertenti con stralci di una riflessione più attenta. Il cantautore Alexi Murdoch, invece, è autore di una splendida colonna sonora che accompagna noi, e i protagonisti, in questo viaggio/ricerca. La risata nasce spontanea e fragorosa durante il film, ma non è mai portata all’esasperazione per un eccesso di messa in ridicolo dei personaggi. Nonostante l’eccessiva cromatura melense del finale, il film è piacevole e scorrevole. Infine una nota di produzione, che non va certo trascurata, è che il film è stato realizzato a impatto zero!
Serena Guidoni