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Recensione di: Another Year

Mike Leigh (regista fra gli altri dell’acclamato “Happy Go Lucky”, 2008, e de “Il segreto di Vera Drake”, 2004, vincitore del Leone d’Oro al miglior film alla 61ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia) è un autore che ha una dote assolutamente rara ed eccezionale: indagare ogni personaggio delle storie che racconta restituendo allo spettatore la sensazione di aver guardato delle persone “in carne ed ossa”. Non è un’operazione banale ne tantomeno semplice, perché il cinema deve fare i conti con la divisione tra i personaggi rappresentati e il pubblico che li osserva, un aspetto oltremodo intrinseco nella sua stessa natura e nel proprio linguaggio. In “Another year” ognuno dei “caratteri” è rappresentato in ogni sua sfaccettatura, e i confini nei quali agiscono le loro psicologie sono talmente definiti da ricordare la precisione dei romanzi dell’Ottocento. La vicenda narrata, però, è infinitamente più “semplice”. Attraverso lo scorrere imperterrito delle stagioni, scopriamo la vita di un gruppo di amici. Gerri e suo marito Tom, sono una coppia molto affiatata e felice; lei è una psicologa, lui un ingegnere/geologo. Il loro figlio Joe è un avvocato trentenne che fatica a trovare una compagna per la vita. Mary è un amica di famiglia, ospitata spesso dai coniugi, perché perennemente frustrata per la propria vita sentimentale, e sui quali scarica e condivide le proprie tensioni e depressioni altalenanti. Ken, un vecchio amico di Tom è l’alcolizzato del gruppo. Irrompe nella famiglia una presenza più che piacevole: Katie, una terapista occupazionale, di cui Joe si è perdutamente innamorato. Ma l’inverno con il suo carico di intrinseca tristezza e malinconia sottoporrà ognuno dei personaggi a fare i conti con la propria vita…

Serena Guidoni

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