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Recensione di: Beastly
C’era una volta una bella favola, dove un uomo, tramutato in creatura orribile per sortilegio, scopriva l’amore grazie ad una bella ragazza che a sua volta, andando oltre l’aspetto esteriore della bestia, contraccambiava tale amore. Il messaggio era chiaro: l’amore supera l’aspetto estetico, e quando nasce, si dimenticano anche delle proprie passioni materiali. Questo tema fiabesco, ricorrente in campo letterario fin dal romano Apuleio, è stato più volte ripreso dal cinema, a partire dal 1919 fino alla versione di David Lister del 2003, passando per la celebre edizione della Walt Disney del 1991. La stessa storia rivisitata in tutte le salse insomma.
Beastly da questo punto di vista è sicuramente un film purtroppo innovativo. Il film, riprendendo l’omonimo romanzo di Alex Flinn, esula in gran parte dalla storia sopra citata e dal relativo messaggio. Se sorprende (in negativo) la variazione sul tema della storia purtroppo non sorprende lo svolgersi degli eventi del film. Incredibile come all’entrata in scena di ogni personaggio si intuisca, senza rischio di essere smentiti, vita morte e miracoli del personaggio in questione. Gli stereotipi ci sono proprio tutti: il liceale bello e popolare ma sotto sotto odiato da tutti (Alex Pettyfer), la bella ragazza anche intelligente che si paga gli studi lavorando e facendo volontariato (Vanessa Hudgens), le madri di entrambi morte e i padri di entrambi assenti (situazioni che solleticano la sensibilità dei protagonisti facendoli ovviamente avvicinare). Gli unici aspetti di cui ci si può stupire sono invece lo scoprire come uno zoo possa proiettare per 15 anni lo stesso filmato, oppure come costruire una serra sotto gli occhi di una persona senza che questa se ne accorga. Ma in fondo anche questa è magia.
Perchè aspettare 86 minuti di film visto che già dopo i primi dieci i due protagonisti sarebbero ben felici di chiudere il discorso, cotti l’uno dell’altro, per un puro fattore estetico (altro che amore)? Perchè scoprire dopo 86 minuti che l’unico interesse del protagonista è ancora neanche troppo velatamente tornare il playboy dell’inizio, usando l’amore della ragazza in parte come mezzo?
Divertenti invece gli intermezzi di Neil Patrick Harris (nella parte di un docente cieco), vero valore aggiunto del film, che con le sue battute strappa qualche sorriso allo spettatore. Pettyfer e Hudgens svolgono il loro compitino senza particolari sussulti.
Discreta colonna sonora con brani adolescenziali che ben si collocano all’interno di un film che mira sicuramente a un pubblico molto giovanile e con molte poche pretese.
Daniele Riccardelli