Recensione di: Big Fish – Le storie di una vita incredibile
Edward Bloom è l’uomo che racconta nelle sue storie. É, infatti, impossibile distinguere l’uomo reale dalla leggenda che si è creato attraverso la narrazione delle sue incredibili avventure. In fin dei conti però non è mai un gran bugiardo, ma solo un grande poeta moderno che riesce a romanzare tutti gli episodi e tutti i personaggi che realmente ha incontrato nel corso della sua vita.
Questo è quello che ci racconta Tim Burton nel film “Big Fish – Le storie di una vita incredibile”, lavoro del 2003 ed ultima vera opera d’arte dell’eccentrico regista di Burbank.
La pellicola è giocata tutta sullo rapporto labile tre realtà e finzione, per cercare di evadere dalla triste routine quotidiana che solpisce ogni essere umano. Quindi perché non viaggiare attraverso miti e leggende per rendere stupefacente un episodio tristemente incolore? Attraverso una sceneggiatura sempre incalzante e che non abbassa mai la guardia, scopriamo il vero universo burtoniano fatto di mostri, streghe e fate, in cui l’eccezionale cast (Ewan McGregor, Albert Finney, Billy Crudup, Jessica Lange, Helena Bonham Carter, Steve Buscemi, Danny DeVito, Marion Cotillard) può dare il meglio di sé. La vita di Edward è raccontata, attraverso continui flashback, dall’infanzia fino all’età adulta, con un particolare risalto dato al contrastato e contrastante rapporto con il suo unico figlio.
Ovviamente immancabile il paragone con il più grande onirico di tutti i tempi: il nostro Federico Fellini. Tim Burton si confronta con le opere più belle del regista riminese, riuscendo a reggere il confronto con il grande maestro italiano. Nella pellicola e in più occasione è richiamato l’universo felliniano, un solo esempio su tutti: le scene del circo.
Insomma uno di quei film da vedere e rivedere e assolutamente da non perdere.
Davide Monastra