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Recensione di “Captain America: Il primo vendicatore”

Sicuramente questa estate verrà ricordata non solo per il caldo torrido, ma anche per la miriade di film a trasposizione fumettistica  che hanno invaso, e stanno per invadere, le sale cinematografiche di tutto il mondo. Prima “Thor”, poi “X-Men – Le origini”, “Lanterna Verde”, e ora “Captain America”, ovvero il primo vendicatore, che poi sarebbe l’ultimo cronologicamente parlando in termini di uscita. L’universo Marvel sembra essere inarrestabile, basti pensare alla quantità di tempo che stanno impiegando per prepararsi a lanciare sul mercato il nuovo “Spiderman” in versione semi-baby tirato a lucido, nuova storia, nuovi protagonisti e chissà se nella nuova trama sarà inserita anche in esso una guerra realmente accaduta, visto che la moda è anche quella. “Captain America” è appunto, la storia del primo vendicatore: ambientato negli anni quaranta, in piena seconda guerra mondiale, un giovane asmatico, mingherlino e molto poco idoneo alla carriera militare, decide, trasportato dalla voglia di fare qualcosa per il proprio paese e di somigliare al padre anche lui a suo tempo militare, di fare di tutto per essere arruolato. Ma il fisico poco prestante non lo aiuta, ma nella vita si sa’, le doti importanti sono ben altre e il giovane riesce a farsi notare per il suo buon carattere, l’umiltà e il coraggio, da un professore (Stanley Tucci) che decide di sottoporlo ad un programma sperimentale su una squadra di super soldati che dovranno essere pronti a sfidare la più cattiva ed agguerrita sezione scientifica di HItler, la Hydra. Risultato? Da asmatico, rachitico e piccolino diventa un super macho, super forte e super bello che porterà in alto gli ideali patriottistici dell’America.  Il regista Joe Jonhston, già “Tesoro mi si sono ristretti i ragazzi” e “Jumanji”, si gioca la carta del mega comicfilm Marvel per risalire sulla cresta e nella lista dei regista Hollywoodiani, ma lo fa sbagliando alcuni colpi. Prima di tutto anche questa volta siamo costretti a subirci due ore di animazione 3D totalmente inutile, dalla quale si esce come se fossimo stati ad una festa hippy nel pieno degli anni settanta, poi la voglia di vendere il prodotto a tutti i costi, cosa che gli riuscirà benissimo, ha fatto perdere un po’ di vista il senso logico dello script. Sia ben chiaro, la storia originale è stata mantenuta alla perfezione, solo non penso che nel fumetto originale le armi da battaglia che vengono usate siano simili a quelle di “Star Wars”, talmente tanto che prima o poi ci si aspetta di vedere sbucare Anakin Skywalker contro Obi-Wan, soprattuto se si considera che a fronteggiare tale tecnologia ci sia un uomo con delle calzamaglie blu e uno scudo a stelle e strisce, un tantino comico no? Ciò non toglie che la scelta del protagonista, ovvero Chris Evans, già incline ai ruoli da supereroe essendo stato l’uomo torcia de “I fantastici 4”, è ben calibrata. Il ragazzo non è carismatico come Robert Downey né pragmatico ed intelligente come Xavier, ma in fondo non è ciò che viene richiesto al suo personaggio che è un uomo semplice, qualunque, che porta con se gli ideali tipici di un cuore pavido.
Ad affiancarlo, il ritorno di uno dei “Man in black” d’eccezione, Tommy Lee Jones,  visibilmente invecchiato, (ecco cosa capita quando si esce dal giro per troppo tempo), il già citato Stanley Tucci, il cattivo Hugo Weaving, ovvero lo Smith di Matrix, e la bellissima  Hayley Atwell. “Captain America” si salva per le fedeli ambientazioni, i costumi e la buona fotografia, con il finale che lo lega agli altri film Marvel, come da consuetudine, e dai quali ci aspettiamo il prossimo anno l’atteso “The Avengers”, pellicola che vede riuniti tutti i super eroi in una grande battaglia comune. 

Sonia Serafini

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