Recensione di Doubles Vies – Venezia 75
Olivier Assayas è uno di quei registi in grado di lasciarti riflettere sul proprio film ben oltre la fine dello stesso. Come con i suoi precedenti, Doubles Vies è una pellicola che ti spiazza nel modo di affrontare le tematiche e verso il quale non sarebbe corretto dare un giudizio troppo affrettato.
Alain, un editore parigino di successo, e Leonard, uno dei suoi autori storici, sono riluttanti a comprendere appieno e ad abbracciare il mondo dell’editoria contemporanea, fatta di e-book e shop online. Quando si incontrano per discutere del nuovo manoscritto di Leonard – l’ennesimo romanzo autobiografico incentrato sulla sua storia d’amore con una celebrità minore – Alain non può che confessare all’amico ciò che pensa del libro: che è un’opera troppo datata e banale e non può pubblicarla. Ma la moglie di Alain, Selena (Juliette Binoche), è invece convinta che si tratti di un vero e proprio capolavoro.
Doubles Vies è un film che parla di comunicazione, che la raffronta con il mondo del digitale e lo fa attraverso il mezzo più convenzionale possibile: la parola. La pellicola di Assayas, a differenza di un film come Personal Shopper, ad esempio, fa della verbosità il suo veicolo maggiore bombardando subito lo spettatore con una serie di dialoghi semi seri sull’editoria, la letteratura e, appunto, la comunicazione, e come questa debba fare i conti con le nuove tecnologie dagli smartphone, passando per i social networks fino agli e-book readers.
Quanto raccontato da Paolo Genovese in Perfetti Sconosciuti, trova in Assayas una nuova dimensione, più normale, meno artefatta e artificiosa, anche se concreta e feroce allo stesso tempo. I personaggi vengono trattati come esseri umani, nessuno di loro incarna uno stereotipo e il loro giudizio viene sospeso dal regista.
Quello ha l’amante, quell’altra è bisessuale, ma questo non è fondamentale al fine della storia, tutto viene trattato con estrema normalità, perché lo spettatore deve concentrarsi sulle parole e sul modo in cui la comunicazione arriva sia ai protagonisti che a lui stesso.
Per questo motivo Doubles Vies non ha una struttura narrativa così definita, non c’è una sorta di inizio e svolgimento, ma ci trasporta all’interno delle vite dei suoi protagonisti e dei loro pensieri, portandoci a riflettere su quello che dicono e dandoci solo uno scorcio della loro esistenza, ma senza permetterci di sapere molto di più.
Quello di Assayas è un mondo che vomita parole come le pagine di un libro di Joyce e lo fa con ironia, sagacia e un pizzico di auto critica. Alain e Leonard sembrano due protagonisti usciti da un romanzo o da una piéce teatrale: uno nostalgico del passato, l’altro spaesato davanti alla velocità delle nuove tecnologie. E così realtà e messa si confrontano in un rapporto di amore e odio, senza però cadere nell’angoscia di Sils Maria, ma con una prosa frizzante più vicina alla commedia che al dramma.
Sara Prian