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Recensione di: “In the mood for love”

Più che un film un manifesto, un atto d’amore supremo ed incondizionato per il Cinema, in cui nulla vuol sembrare reale perché nulla al cinema lo è. In una claustrofobica Shanghai che esalta la dimensione onirica del racconto, i corpi si sfiorano senza mai toccarsi, gli sguardi sono appena accennati, i tradimenti soltanto immaginati. I ralenty poi, improvvisi e surreali, belli fino a commuovere, frammentano una narrazione già sincopata e confusa come solo può esserlo un ricordo. Sì, perché ciò cui assistiamo non è la realtà, ma solo il ricordo di un amore tra un uomo e una donna, forse traditi dai rispettivi coniugi, vissuto in maniera assoluta ma mai realizzato, e per questo purissimo. Alla fine, lui sussurrerà la loro storia segreta in una fessura del tempio di Angkor Vat, in Cambogia. Rendendo in tal modo eterno il loro amore. Tutto questo è In The Mood For Love, opera monumentale e memorabile, apogeo e insieme canto del cigno del melò hongkonghese. Nessuno in questo decennio ha venerato così profondamente il Cinema come Wong Kar-Wai.

Mirko Medini

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