Recensione di: Insieme a Parigi
Bello e sicuro di sé, lo sceneggiatore Richard Benson (William Holden) dovrebbe scrivere una sceneggiatura per il suo capo Meyerheim, ma se la prende comoda, ritrovandosi così a soli tre giorni dalla consegna in terribile ritardo ed in piena crisi creativa. Ad aiutarlo sarà la segretaria Gabrielle Simpson (Audrey Hepburn), che trascorrerà l’intero fine settimana in hotel con Benson, ed i due riusciranno nell’impresa di scrivere il testo di “la ragazza che rubò la Torre Eiffel”. Inevitabilmente, tra loro scoppierà anche l’amore.
Diretto da Richard Quine, autentico veterano di commedie sentimentali (da ricordare tra i suoi tanti film almeno “Il mondo di Suzie Wong” e “Una Cadillac tutta d’oro”) , “Insieme a Parigi” – remake del francese “Henriette” di Julien Duvivier del 1952 – è la più classica delle commedie romantiche americane anni ’60: dialoghi frizzanti, buoni sentimenti, amore inevitabile.
Il film si distingue però per l’originalità della sceneggiatura (almeno rispetto a questo genere di commedie), dal momento che al suo interno si svolgono contemporaneamente due storie: da una parte quella che ha luogo nel mondo reale, in cui vediamo Richard e Gabrielle in hotel; dall’altra la storia immaginaria di “La ragazza che rubò la Torre Eiffel”, interpretata sempre dalla coppia Holden/Hepburn. Le due storie corrono in parallelo, ricongiungendosi solo in uno spiazzante lieto fine metacinematografico.
Insomma, si sorride divertiti, ci si lascia a volte catturare dalla leggerezza dei dialoghi, e si rimane piacevolmente sorpresi dal finale. Ma è innegabile che, soprattutto nella parte centrale, il doppio binario della sceneggiatura rischia da annoiare, così come a volte i dialoghi risultano un po’ troppo verbosi. Superfluo sottolineare che il vero valore aggiunto del film sta tutto nella coppia di interpreti Audrey Hepburn e William Holden.
Da segnalare anche la presenza di Tony Curtis, Marlene Dietrich e Mel Ferrer, a quel tempo marito della Hepburn.
Mirko Medini