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Recensione di: Inti-Illimani – Dove cantano le nuvole

Francesco Cordio e Paolo Pagnoncelli, grazie a una spasmodica dedizione al lavoro di ricerca di una cinematografia “altra”, fatta da Distribuzione Indipendente, riescono, a quattro anni di distanza dalla fine delle riprese, a portare in sala il loro documentario: Inti-Illimani – Dove cantano le nuvole. Prodotti così indipendenti, si sa, trovano una certa riluttanza e difficoltà nell’essere accettati dai circuiti cinematografici classici. Nonostante abbia riscosso un notevole successo in vari Festival e competizioni come l’Habana Film Festival, il Toronto Latin Film Festival e l’International Istanbul Film Festival, il film ha faticato nel nostro Paese a trovare la giusta collocazione. Con circa quarant’anni di storia musicale alle spalle, gli Inti-Illimani, sono stati, e sono ancora, emblema di rivolta popolare e lotta contro i regimi totalitari. Esiliati dal Cile subito dopo l’avvento del golpe ad opera di Pinochet nel 1973, non vi fecero ritorno fino alla fine degli anni Ottanta; un lunghissimo periodo che passarono in giro per l’Europa e soprattutto in Italia. A questo proposito, Daniele Silvestri presente nel documentario in un piccolo “cameo”, con la scelta di prendere in prestito un’intro musicale del gruppo andino per la sua canzone Il mio nemico, rappresenta quel filo mai spezzato fra il gruppo cileno e l’Italia.  La loro storia viene raccontata attraverso un tour nel loro Paese d’origine in occasione della campagna elettorale di Michelle Bachelet nel 2007, la prima donna ad essere eletta presidente del Cile. Un viaggio che si articola lungo sentieri che portano alla memoria dolore, angherie e sofferenze ma che, nello stesso tempo, trovano nella musica il loro catartico rasserenamento. Nel film siamo coinvolti totalmente nella storia che viene raccontata e questo grazie ad una regia che, seppur prettamente documentaristica (costituita da una narrazione cronologicamente lineare), non nega ai suoi “personaggi” di divagare sul personale, dove umanità e coraggio sono i vettori di un progetto sociale, prima ancora che musicale. Il gruppo, in seguito ad abbandoni nel corso degli anni, ha trovato nuova vita nell’aggiunta di musicisti giovani, alcuni neo diplomati delle scuole di musica, e provenienti da più parti del Sudamerica. La musica rimane l’elemento fondante di una immediata comprensione fra le culture, e in questo gli Inti-Illimani ne sono tra i più longevi esempi. Canzoni come El pueblo unido, sono state lo strumento di ribellione ai regimi, e tutt’ora riecheggiano come un canto nostalgico, ma pur sempre vivo.

Serena Guidoni
 

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