Recensione di: Kick-Ass
Provate a mettere insieme un supereroe senza poteri, una “moderne family” nella quale il padre insegna alla figlia le migliori tecniche di combattimento per sconfiggere nemici cattivissimi, un mafioso “d’alto bordo” con un figlio che tenta di emularlo, vampe incendiare di umorismo grottesco e una buona dose di “ultraviolenza” ed avrete una delle migliori trasposizioni cinematografiche di un fumetto, viste negli ultimi anni. Tutto questo, e molto altro ancora, è “Kick-Ass”, film diretto da Matthew Vaughn (regista di “The Pusher”, “Stardust”, e dell’attesissimo “X-Men: First Class”) che ha adatto insieme a Jane Goldman il comic ideato da Mark Millar e disegnato da John Romita Jr.. La pellicola che ha per protagonista il volto adolescente di John Lennon in “Nowhere Boy”, Aaron Johnson, accompagnato nelle sue follie da Chloë Moretz, Nicolas Cage, Christopher Mintz-Plasse e Mark Strong, ha fra i produttori un inaspettato Brad Pitt. Uscito in America più di un anno fa, “Kick-Ass”, in Italia, ha faticato non poco a trovare una distribuzione disposta a sobbarcarsi gli ingenti costi per la vendita dei diritti imposti dai produttori e, ovviamente, per la non trascurabile controversia scatenata dalla censura. Certo, vietarlo ai minori di 14 anni non è minimamente biasimabile, non tanto per le scurrilità ripetitive (abbiamo visto di peggio!), o per la violenza quanto mai esplicita (ma che a noi fa venire in mente solo una parola: pulp!); ma quanto per la inaspettata commistione fra ridicolo e brutalità, che ti fa propendere verso il divertimento e l’eccitazione persino quando è una bambina di undici anni a fare una strage di uomini. E’ il paradosso il pregio di questo film, e la certezza che si sia già detto tutto e i linguaggi, persino quello cinematografico, abbiano esaurito la propria energia rinnovabile, è un concetto che, in questo caso, viene smentito.
Serena Guidoni