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Recensione di: La talpa

La talpa è un film dello svedese Tomas Alfredson, al suo secondo lungometraggio dopo ‘Lasciami entrare’, tratto dal romanzo omonimo di John le Carrè. Nel 1973, in piena guerra fredda, i vertici dei servizi segreti inglesi indagano su una fantomatica spia interna, al servizio del Cremlino e che mira ad allargare la sua oscura presenza fin oltre oceano. Il regista costruisce in modo abile e paziente una vera e propria partita a scacchi, guidando sapientemente le mosse di ogni singolo pezzo della scacchiera. E su una scacchiera che ha come sfondo l’Europa, da Parigi a Instabul passando per Budapest, si muovono il calderaio, il sarto, il soldato e il povero (da qui il titolo originale Tinker, Tailor, Soldier, Spy), rispettivamente Toby Jones, Colin Firth, Ciarán Hinds, David Dencik. Tutte pedine al servizio di una mano astuta, quella dell’enigmatico Smiley (Gary Oldman), pupillo dell’autoritario Controllo (John Hurt) e figura che aleggia senza lasciar traccia alla ricerca della talpa. Il film si candida a diventare un cult per gli amanti dello spionaggio, con una quantità di personaggi tale da complicare ancor di più il già fitto schema. Sequenze essenziali, senza fronzoli ma senza trascurare i dettagli, carcano di catturare gli spettatori appassionati del genere, consapevoli fin da subito che la perdita di un piccolo dettaglio potrebbe pregiudicare la possibilità di smascherare la talpa un secondo prima che il regista decida di rendere nota la sua identità. I lunghi silenzi del protagonista interpretato da Oldman creano un attesa ricca di pathos, arricchendo di valore ogni parola pronunciata, quasi si trattasse di un oracolo depositario del sapere che fornisce indizi per arrivare alla verità. Inevitabilmente la struttura del film, realizzata con un susseguirsi di testimonianze e flash back, rende la pellicola in parte lenta ma mai noiosa. Ma è proprio grazie a un ritmo compassatto ma costante che emerge la bravura degli attori che quasi gareggiano tra loro in recitazione, quasi servisse a discolparsi dal ruolo di talpa. Finale che per la sua velocità coglie di sorpresa lo spettatore e che, perfettamente in linea con l’atmosfera creata, lascia qualche dubbio e qualche incertezza. Chi era dunque Karla?

Daniele Riccardelli

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