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Recensione di: Ladri di saponette

In una stazione tv viene mandato in onda il film “Ladri di saponette”, opera che si rifà in tutto al cinema neorealista degli anni ’40 ma le interruzioni pubblicitarie, fra le proteste del regista (lo stesso Nichetti), sono continue. A causa di un blackout la protagonista di uno degli spot sarà catapultata all’ interno del film, modificando il corso della vicenda. All’ inizio la storia si incentra sul film in b/n che da il titolo alla pellicola, alternato agli avvenimenti all’ interno dello studio (con il critico Fava ottimo parodista di se stesso) e già di per se saremmo di fronte a una deliziosa invenzione nonchè un omaggio affettuoso al cinema del Dopoguerra, in cui la parvenza di drammaticità si fonde (rimandando a precedenti come “Straziami ma di baci saziami”) a una raffinata componente parodistica condita da sprazzi di poesia surreale (il bebè lasciato a se stesso anche con un cavo elettrico ricorda la piccola Maggie del cartoon “I Simpson). Fin qui, nelle continue interruzioni subite, è evidente la polemica verso il modo in cui la tv propone il cinema e ne altera pesantemente la fruizione da parte delle masse. Quando però quei due mondi così palesemente inconciliabili vengono a contatto e si mescolano, esplode uno scatenato vortice di contaminazioni che è portato avanti da Nichetti fino alle estreme conseguenze e che aggiunge nuovi tasselli al discorso del film. Il regista infatti si diverte e ci diverte moltissimo nel mescolare le due dimensioni espressive e sembra sottolineare che, pur ribadendo il diritto di godersi un grande classico senza imbattersi nei consigli per gli acquisti, l’Italia pre-tv di quarant’anni prima è ormai tramontata e molti nuovi linguaggi meritano spazio per dire la loro. Giocarci su, insomma, è tutt’altro che un peccato mortale. Da segnalare l’ ottima prova degli interpreti, a partire dal Nichetti attore impegnato a fondo in un doppio ruolo (gli si perdona qualche inevitabile incertezza nel rendere l’ alter ego filmico). Ovvia fu la confusione fra pubblicità vera e simulata quando avvenne la prima trasmissione tv a inizio anni ’90, mentre oggi lo stile dei commercial è talmente cambiato rispetto ad allora che questo curioso “problema” non sussiste più.

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