Recensione di: L’Ultimo dei Templari
L’ultimo dei Templari è il titolo del nuovo film di Dominic Sena (Kalifornia, Codice: Swordfish), il protagonista è l’onnipresente Nicholas Cage che, con una riccioluta chioma bionda, interpreta un crociato del quattordicesimo secolo. Cage ci ha abituati ormai da tempo a vederlo recitare nei ruoli più improbabili ed in film assai discutibili, dividendo la critica fra chi ne biasima l’insipida inespressività e chi invece ne elogia l’eccentricità ed il sapersi mettere in gioco. Nel film di Sena veste i panni di Behmen, un crociato che, con l’amico Felson, abbandona la Guerra Santa che ormai appare ai suoi occhi come un’ inutile carneficina. Durante il viaggio verso casa i due si imbattono in una città devastata dalla peste e qui vengono incaricati di condurre a processo una presunta strega, ritenuta causa della peste. Il viaggio sarà irto di pericoli e colpi di scena. Sicuramente il titolo originale, Season of the Witch, risulta più esplicativo del tema del film, un fantasy horror che gioca sull’ambiguità del periodo in cui è ambientato: il medioevo, dove la religione e la superstizione alimentano le paure umane, dove si combattono guerre cruente e si perseguitano innocenti in nome della fede, una fede che il regista filtra attraverso gli occhi di due uomini che ad essa hanno consacrato la loro esistenza. Sena però non indugia eccessivamente su giudizi di carattere ideologico, si concentra invece su scene d’azione e di combattimento che si susseguono con un ritmo frenetico ed incalzante. Demoni ed esorcismi alimentano la suspense e la tensione che animano tutto il film che, pur essendo a tratti troppo spaccone ed iperbolico, risulta una piacevole opera di entertainment. Dunque nonostante un eccessivo e straniante uso del digitale in alcune sequenze, a scapito di una veridicità narrativa e storica e che restituisce ben poco del clima di violenza e sopraffazione del periodo, potremmo sostanzialmente parlare di un B-movie ben riuscito che punta su una sceneggiatura scorrevole, un’ambientazione che non manca di fascino ed una certa cura scenografica.
Sara D’Agostino