Recensione di: Nauta
Gli esordi alla regia meritano sempre il giusto rispetto per il tentativo, quantomeno, di averci provato. Delle volte, altresì, è talmente disarmante la qualità di un’opera prima da far passare totalmente in secondo piano le pecche e gli errori, giustificati, di un neofita. Purtroppo questo genere di predisposizione alla condiscendenza non può essere applicato all’esordio alla regia di Guido Pappadà, ex regista televisivo e che attualmente si occupa, con la sua società Dyte Digital, degli interventi di post-produzione su i film italiani. “Nauta” parte da presupposti troppo alti (teorie importanti ai limiti dell’esoterismo e la ricerca di se stessi attraverso il percorso di un viaggio) per poi frantumarli banalmente in un epilogo che vorrebbe essere ironico ma che finisce col decostruire il messaggio iniziale. “La profezia di Celestino” di James Retfield, testo quanto mai “dogmatico” per la cultura New Age, è relegato esclusivamente alla fase iniziale, nella quale gli spunti fanno ben sperare in un film dal contenuto originale. Bruno, antropologo e professore universitario, grazie alla telefonata di Paolo, un vecchio amico eremita sull’isola di La Galite, scopre che si è verificato uno straordinario quanto misterioso fenomeno naturale, che Bruno ha studiato ed inseguito per anni. Ottenuti i finanziamenti per affrontare la ricerca Bruno mette insieme una spedizione, che parte alla volta di La Galite alla ricerca della perfetta armonia tra l’uomo e la natura. Il gruppo è formato da Davide, burbero capitano e vecchio amico di Bruno, Max il suo nuovo marinaio, Laura, giovane biologa, e Lorenzo, esperto di sport estremi e provetto sommozzatore. Durante i tre giorni di traversata l’equipaggio, costretto all’intimità forzata, vive prima una fase di diffidenza e sospetto, per poi tramutarsi in una di grande apertura reciproca. Il viaggio che diventa allegoria e catarsi per ognuno dei personaggi, assume fattezze banalmente prevedibili nella risoluzione finale, con happy end per ciascuno dei personaggi, che trova la propria strada e rivincita sociale. Ai limiti del fantascientifico…
Serena Guidoni