Recensione di: Rango
“Rango”, primo film d’animazione realizzato dal prolifico regista Gore Verbinski, autore della Trilogia (che a maggio sarà quadrilogia!) dei “Pirati dei Caraibi”, è si un cartone animato costruito con i mezzi della più avanzata ed affascinante computer grafica ma, nello stesso tempo, un film western a tutti gli effetti, dove sceneggiatura, fotografia, costumi e ambientazione, sono degni della più alta e compianta scuola di Sergio Leone e John Ford. Il film risulta essere immediatamente spassosissimo, soprattutto per i cinefili che non faticheranno ad individuare citazioni e persino “autocitazioni” che rimandano alla storia del cinema e della musica (il quartetto di Gufi Caballeros “finto” messicani, è davvero esilarante!), in un racconto che si dipana come “Il viaggio dell’eroe”, secondo i dettami del mito classico. Volendo semplificare al minimo indispensabile gli avvenimenti, arrivando al nocciolo della questione, si avrebbero giusto tre, massimo quattro script con cui confrontarsi. In “Rango” la scelta è molto semplice: il protagonista si finge un eroe agli occhi dei suoi nuovi “amici”! Quanti film hanno una trama simile? Ovviamente parecchi. Ma volendo rimanere ad un livello diciamo più “basso”, qui si intende fare riferimento esclusivamente ai film d’animazione. Ne basterà citare due, a cui, volente o nolente, Verbinski si deve essere ispirato, per rendere godibile al pubblico il suo coloratissimo camaleonte: “Hercules”, Disney, anno 1997; “A Bug’s Life”, Pixar, 1998. È innegabile quanti plurimi riferimenti ci siano in “Rango” di questi due lavori: personaggi, situazioni, battute, li ricordano da vicino. Certo il modo di raccontare è molto diverso da quello degli anni Novanta e “Rango” è all’altezza dei film a lui contemporanei. Il mondo è più veloce, comico, malizioso, simpatico, meta-cinematografico a volte, ma il tutto mantiene uno schema alla base, nella storia, inalterato rispetto ai due predecessori. C’è davvero di tutto: azione, psicologia, commedia, momenti romantici, nostalgia, paura del futuro; insomma un vero trattato di buon cinema. Ci si potrebbe anche soffermare sugli altri temi (l’influenza dell’uomo sulla natura, la sopravvivenza, trovare un’identità nel mondo), ma è meglio che ogni spettatore scopra da solo le meraviglie di questo “educativo” film. Avvalendosi della voce di Johnny Depp, “Rango” stupisce anche per le musiche, scritte da Hans Zimmer, che ricordano i capolavori musicali di Ennio Morricone, e che sovrastano per bellezza e orecchiabilità come nella “La trilogia del dollaro”; in un vecchio West abitato anche da vecchi fantasmi dal poncho e cappello inconfondibili.
Serena Guidoni