Recensione di: Rasputin
Luis Nero, giovane regista laureatosi al DAMS di Torino nel 1999, è un autore a tutti gli effetti. La sua filmografia, nonostante la sua giovane età, è particolarmente copiosa: oltre a numerosi corti, ha prodotto e di distribuito da sé quattro lungometraggi, che hanno partecipato ai più importanti festival nazionali ed internazionali, e tra i quali ricordiamo “La Rabbia” (candidato ai David di Donatello nel 2007) con Franco Nero, Faye Dunaway (Premio Oscar), Giorgio Albertazzi, Philippe Leroy; accompagnato dalle musiche del Premio Oscar Luis Bacalov e Teho Teardo. Siamo nel terreno affascinante del cinema indipendente, dove idee e concetti artistici hanno ancora la possibilità di essere espressi senza reticenze; dove la cultura è qualcosa di infinitamente più ricercato, dove le tematiche (per quanto già notevolmente scandagliate), hanno la forza del rinnovamento narrativo e non solo figurato. E’ questo il caso di “Rasputin”, presentato con notevole successo al Festival di Los Angeles da Franco Nero (qui in veste sia di voce narrante che di coproduttore), e durante il quale ha ottenuto il via libera alla distribuzione statunitense. Un risultato oltremodo incoraggiante per un cinema infinitamente lontano dalle pellicole alle quali siamo sottoposti continuamente, specialmente nel panorama cinematografico italiano. Il film racconta una delle figure più emblematiche e misteriose del Novecento rifacendosi alle atmosfere dei tableau vivant che ricordano con reverenza il maestro Peter Greenaway, in una sorta di tour nel Museo dell’Ermitage. L’ambientazione e i costumi, infatti, sono scelti con cura e dovizia di particolari, facendo acquistare alla narrazione verità ed aderenza. Il sapore è quello di un docu-film nel quale a parlare sono proprio le voci dei protagonisti di questa misteriosa vicenda, che vede l’assassinio del taumaturgo in seguito ad un complotto perpetrato dall’aristocrazia russa, minacciata dallo stretto legame di Rasputin con gli zar della dinastia Romanov. Il film ci consente di addentrarci, in maniera raffinata, nei torbidi anfratti dei riti esoterici, che in parte sono stati la causa di una campagna di demonizzazione ai danni di Rasputin. Non vi è traccia di analisi storica, ma un essenziale resoconto nel quale la video art è lo strumento estetico con il quale si sovrappongono dei veri e propri quadri a racconti in prima persona. Francesco Cabras è il magnetico interprete la cui interpretazione, però, è “sporcata” dal doppiaggio ad opera di un riconoscibilissimo Francesco Pannofino.
Serena Guidoni