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Recensione di: “Red”

L’action-movie made in USA del nuovo millennio sembra aver trovato la sua nuova strada: ironico e autoreferenziale, capace di ridere di se stesso con toni da commedia, ma pur sempre ed inevitabilmente fracassone. Un nuovo modo di concepire il genere figlio forse della consapevolezza dell’impossibilità di far rivivere i fasti degli anni ’80, nonché della presa d’atto di una certa crisi creativa che se da una parte ha portato a rivedere, in chiave di tributo, proprio i film d’azione degli anni ’80, dall’altra ha indotto a cercare nuova ispirazione nel mondo dei comics. Anche l’ultimo film del tedesco Schwentke non sfugge a questa regola, ponendosi sulla scia dei vari The Loosers e The Expendables – I Mercenari .
Tratto dall’omonimo fumetto della DC Comics, RED (che sta per Retired Extremely Dangerous), ha un inizio quasi malinconico: l’ex agente CIA Frank Moses vive da solo in una villetta borghese, tentando di adattarsi alle usanze dei cittadini comuni (come ad esempio installare in giardino gli addobbi di natale) e passando ore al telefono con una segretaria dell’ufficio pensioni che sogna di incontrare, senza però essere ancora riuscito ad abituarsi ai ritmi della vita normale (continua a svegliarsi alle 6 ed a fare piegamenti di primo mattino). Ma la sua tranquilla vita da pensionato finisce bruscamente quando un commando sudafricano irrompe nella sua casa cercando di ucciderlo.
Se non fosse per il cast stellare e sorprendentemente azzeccato, dubito che RED avrebbe potuto suscitare reazioni particolarmente entusiaste: l’approccio caricaturale è a volte eccessivo, il ricorso al ralenty è spesso fuori luogo, ed alcune citazioni “alte” risultano quasi irritanti. Si ha però la piacevolissima sensazione che molti dei personaggi del film non avrebbero potuto essere interpretati da nessun altro. A parte Bruce Willis (che con il suo atteggiamento guascone alla John Mclane si adatta perfettamente a questo genere di film), e John Malkovich (che qui riprende portandolo all’estremo del grottesco il personaggio del mitico Osborne Cox dei Coen), stupiscono Morgan Freeman, Brian Cox, uno strepitoso Ernest Borgnine e soprattutto Hellen Mirren (meravigliosamente a suo agio nei panni di una spietata killer della Cia anche lei in pensione), che ci regala l’unica sequenza veramente indimenticabile del film: vederla sparare impassibile con una mitragliatrice, in un elegantissimo abito bianco, è , vi assicuro, puro piacere.
Il risultato complessivo è dunque quello di un film ironico ma dal ritmo discontinuo, che  prende spesso pieghe oltremodo parodistiche. Ma non si può negare che esso contenga (grazie soprattutto a un John Malkovich a tratti veramente irresistibile), momenti di autentico e  sincero divertimento.
 

Mirko Medini

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