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Recensione di: Senza arte né parte

Semplice. Non ci vuole tanto per sfornare una commedia degna di questo nome, nella corsa al botteghino del cinema italiano. Lo dimostra Giovanni Albanese, che, con Senza arte né parte, porta sul grande schermo le sue passioni, con passione. E si vede: la storia coinvolge nel suo sobrio realismo, addirittura permette allo spettatore di avvicinarsi al mondo dell’arte contemporanea di cui, pur con una garbata presa in giro, si fa elogio.
E’ la storia dell’arte di arrangiarsi tutta italiana, ancor più è la storia di un gruppo di amici precari nel lavoro e non più giovanissimi, ma armati di furbizia e di sana, ingenua voglia di vivere con allegria. Si lanceranno con entusiasmo in questa avventura del reinventarsi, mettendo a frutto i propri talenti per fronteggiare una società tanto cinica ed ingorda da sostituire dei lavoratori con dei robot. Così, riemergendo dalla drammaticità dei loro contesti di provenienza, si rilanciano sfidando l’altezzosa elite dei collezionisti d’arte, in una moderna epopea in cui anche le situazioni più tragiche riescono a strappare un sorriso genuino.
Il gruppo di amici non è altro che un coro di attori eccezionali: Vincenzo Salemme conferma la sua bravura anche senza un contorno di volgarità, Donatella Finocchiaro dimostra di meritare la ribalta degli ultimi tempi, Giuseppe Battiston è tanto bravo da chiedersi dove lo tenevano nascosto. Non a caso, si è pescato nel teatro e non nei privé delle discoteche: e così tutto il cast, piccoli ruoli compresi, tiene alto il livello d’interpretazione, che raggiunge picchi di eccellenza in veri e propri saggi di recitazione del trio protagonista.
Senza arte né parte è una storia tutta italiana e non si risparmia di fare ironia su molti vizi italiani, senza mai appesantire la storia che va da sé al ritmo di dialoghi divertenti ed un’azione che intrattiene e coinvolge senza impegno, scena dopo scena: la penna dello sceneggiatore Fabio Bonifacci ha lasciato il segno. La fotografia, ma soprattutto le location, sono il giusto sfondo: dagli splendidi panorami pugliesi alle vedute mozzafiato di Roma.
Non mancano tematiche più serie. Una su tutte consente un interessante spunto di riflessione: l’eterna disputa tra vero e falso, attraverso la metafora del contrabbando di falsi d’arte contemporanea. Gli autori intelligentemente sospendono il giudizio e non ne esasperano la morale, relativizzando i concetti di giusto/sbagliato e verità/falsità. Una cosa vera c’è, però: Senza arte né parte non ambisce ad essere un kolossal, ma è senz’altro un modo piacevole per trascorrere 90 minuti.

Carlo Garofalo

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