Recensione di: Sogni e delitti – Cassandra’s dream
Se è possibile trovare un comun denominatore alla trilogia londinese di Woody Allen, questo si trova nella riflessione sul fato, che si concretizza in un lavoro diretto e esplicito derivato dalla tragedia greca – contaminata leggermente dal retroterra cinematografico per eccellenza di Allen, il cinema bergmaniano. In realtà sarebbe un comun denominatore da estendere a gran parte della sua filmografia e in effetti Cassandra’s dream poco aggiunge alla poetica alleniana se consideriamo che è anche una costola di Match Point, così come lo era stato il delizioso Scoop (ma sempre un Allen nella media) – commedia intemedia tra le due tragedie, altro richiamo all’antichità? Se è davvero il fato che governa alla fine le nostre vite, o meglio il net che decide se la pallina sarà fuori o dentro, allora Cassandra’s dream è applicazione esemplare del principio greco-tragico universalmente assunto da Allen. Il richiamo alla tragedia greca è esplicito e d’altronde la costruzione intera del film a partire dalla recitazione esagerata (e sempre sul filo dell’autoironia), quasi da maschera, dei due protagonisti (un ottimo Farrell seguito a ruota da un cinico McGregor) fino alla costruzione della tensione del delitto che si conclude con un omicidio fuoricampo (o fuori scena), alla maniera greca.
Così come per Edipo il destino è qualche modo già segnato, il confine è già in qualche modo oltrepassato (se c’è novità rispetto a Match point è proprio questa, la perdita della sospensione dell’esito del fato incarnato nel doppio fermo immagine – uno che annuncia, l’altro che chiude il film) e la caduta nell’errore non è altro che accentuamento di ciò che già si era, salvo che poi tutto viene vanificato inaspettativamente (davvero? in fondo il fato è già presagio, il sogno di Cassandra nell’equazione che equipara titolo del film, la barca dove avviene il “delitto” e il fato stesso). Ma è un presagio a cui non si può scampare, anche se nessuno, poi, di fatto, vi dà ascolto come per la Cassandra greca. La satira sociale rimane in controluce, proprio in virtù di quella impostazione aristotelica esplicitamente citata che idealizza situazioni e personaggi: la tragedia è slegata politicamente(in senso greco) perchè Allen punta in qualche modo al classicismo, sciogliendo la praxis dall’universale. I luoghi della trilogia londinese tornano tutti (il giardino) così come in qualche modo le situazioni (il delitto in casa): Allen guarda il problema da diverse angolazioni, ma il cambiamento di prospettiva è infinitesimale, ecco perchè tutto sa di già visto in qualche modo. Allen è comunque bravo a costruire le situazioni, a tendere il filo della tensione con grande maestria, e se si perde un po’ in dilungaggini dopo il primo delitto, ecco che il finale, per quanto telefonato (lo è davvero?), risolleva tutto grazie anche all’impeccabile costruzione tecnica che con una breve pennellata ci ricorda degli altri protagonisti – risparmiandoci il classico post delitto – per ritornare alla barca, quel sogno di Cassandra rimasto inascoltato e dove il fato ha di nuovo ironicamente ha agito.