Jackson, Mississippi, 1962. La giovane Skeeter (Emma Stone), fresca di laurea, è alla ricerca di un lavoro come scrittrice. Sullo sfondo una cittadina con casette deliziose, giardini curati e giovani donne intente a metter su famiglia trascorrendo le giornate giocando a bridge. Tutto scorre ‘senza problemi’. Completano questo ideale quadretto americano Aibileen Clark (Viola Davis), Minny Jackson (Octavia Spencer) e altre centinaia di bambinaie e governanti di colore. Per loro invece tutto scorre drammaticamente. Trattate quasi come schiave, umiliate e insultate, affrontano il quotidiano con una forza difficile da comprendere, quotidiano in cui anche ‘friggere il pollo può far sembrare la vita migliore’. Amare e farsi amare dalle figlie e dai figli dei loro sfruttatori ‘amando il proprio nemico’. E la giovane Skeeter non è disposta ad essere spettatrice e complice di un simile degrado.
Il regista Tate Taylor, al suo secondo lungometraggio, confeziona un film coinvolgente ed emozionante riprendendo l’omonimo romanzo di Kathryn Stockett. Mentre l’odio razziale e la violenza del Ku Klux Klan vengono solo marginalmente affrontati il film si concentra invece sul razzismo dettato dalla stupidità umana dell’apparire, di conformarsi ai comportamenti degli altri per essere accettati dal gruppo. Comportamenti che sfociano nel ridicolo come ad esempio l’organizzazione di una raccolta fondi per i bambini africani a migliaia di chilometri di distanza mentre i bambini afroamericani soffrono la fame a poche centinaia di metri. Il messaggio che il film trasmette arriva forte e deciso. Inizialmente la vita delle bambinaie viene raccontata in maniera mite, anche con battute delle protagoniste che fanno sorridere, facendo apparire la loro esistenza quasi sopportabile. Ma poi improvvisamente arrivano le scene più dure, più pesanti, che scuotono lo spettatore mostrando la vita delle donne in tutta la sua drammaticità. Una pellicola sicuramente di forte impatto ma mai buonista o scontata, con l’ulteriore pregio di non generalizzare i comportamenti delle persone (Skeeter non è infatti l’unica bianca favorevole all’integrazione). Nel vedere le donne fare la fila per prendere l’autobus sembra quasi di intravedere una sorta di antenate delle badanti dell’est europa che oggi affollano le case degli italiani. Di certo non schiave, ma troppo spesso additate come diverse, poco affidabili o addirittura non meritevoli di saluto. Il cast del film è quasi interamente al femminile. Spiccano le intense Emma Stone e Viola Davis (a tratti commoventi per la loro bravura), la perfida Bryce Dallas Howard e Jessica Chastain, molto brava nel ruolo di ragazza ‘sui generis’.