Recensione di: The Social Network
The Social Network è il film che parla dell’ideatore di Facebook e della nascita del sito che ha rivoluzionato la storia di Internet dell’ultimo periodo. Il sito che ha cercato di ristabilire come priorità gli interessi comuni, di riaggregare la gente là dove la rete fino ad ora aveva diviso e lo fa raccontando di un ragazzo a cui mancano esattamente questi aspetti: il creatore del nuovo modo di vivere le relazioni sociali non ne ha. Non le concepisce. Le vorrebbe avere e gestire ma non ne è capace. In altri film sarebbe dipinto come un nerd, uno ‘sfigato’, il ragazzo da isolare: qui diventa il modello vincente.
Tutto inizia con una chiacchierata in un bar tra Mark Zuckerberg (Jesse Eisenberg) e la sua ragazza del momento Erica Albright (Rooney Mara). Una normale discussione tra 2 teenager americani, con Mark ossessionato dalla cultura universitaria, dall’importanza di appartenere ad un club esclusivo, dall’essere amati ed apprezzati per quello che sembri e non per quello che sei, lui piccolo genio dell’informatica si sente messo da parte ed attribuisce la colpa di tutto alle sue capacità da nerd ad una sorta di invidia che il mondo prova verso quelli come lui. Quando all’apice della conversazione lui le promette che lei riuscirà ad entrare nell’elitaria struttura sociale di Harward grazie alle sue conoscenze informatiche, Erica freddamente gli risponde: “Tu stai pensando che nella tua vita non piaci alle ragazze perchè sei un nerd. Non piaci perchè sei uno ‘stronzo’.“
Sono questi cinque minuti la scintilla per quello che succederà. Il big bang da cui nascerà Facebook. La reazione a questa brusca, e per lui inattesa, interruzione del rapporto porta Mark a reagire nell’unico modo che conosce: pubblicando le sue emozioni su internet. All’inizio sul suo blog, insultando Erica poi, trasportato da un tentativo di rivalsa verso il mondo femminile, creando una sorta di competizione tra le ragazze di Harward, mettendo a confronto le loro foto e permettendo alla gente di votare la preferita sul sito. Nell’arco di una sola notte riuscirà a far collassare l’intera rete informatica dell’università ed attirerà l’attenzione dei gemelli Winklevoss (entrambi interpretati da Armie Hammer) e del loro amico e socio Divya (Max Minghella) che chiederanno a Mark di programmare il social network esclusivo dell’università che loro stavano sviluppando.
L’idea intriga Mark, che inizia a programmare il ‘suo’ sito insieme al suo migliore, ed unico, amico Eduardo Saverin (Andrew Garfield), lasciando con un pugno di mosche in mano i tre membri dell’esclusivo club di Harward.
Il vero problema per Mark è che Eduardo pensa in piccolo mentre lui è ossessionato dall’idea di diventare qualcuno e di fare una cosa ‘fica’. L’incontro con l’ideatore e creatore di Napster, il network di condivisione e scambio di files musicali che ha rivoluzionato e sconvolto il mondo della discografia, Sean Parker (Justin Timberlake) permette a Zuckerberg di iniziare l’evoluzione della sua creatura. Grazie ai nuovi contatti è giunto il momento di pensare in grande, di superare i confini delle università americane, di uscire dall’appartamento in California, dove nel frattempo l’intero staff di Facebook si era trasferito, e di raggiungere e superare il milione di iscritti.
Il differente modo di pensare, e di conseguenza, di agire dei due ex amici, spingerà Mark a tradire Eduardo fino ad escluderlo, praticamente, dal progetto.
Due differenti storie che porteranno a due cause civili da parte di Eduardo e dei ‘tre di Harward’ contro Mark. Il film porta avanti parallelamente queste due storie con il racconto delle due azioni legali e continui flashback, le diverse testimonianze nel processo, che contribuiscono ad accrescere un’istintiva benevola curiosità verso un personaggio che in altre realtà avremmo definito ‘strano’, fuori dalla realtà. Il modo in cui David Fincher riesce a descrivere tutti i protagonisti della storia è coinvolgente ed avvincente allo stesso tempo. Nessun tentativo di fare una morale, nessun cattivo, nessun buono, solo persone con vizi, ‘fisse’, problemi, stranezze descritte magistralmente da due ore di dialoghi.
Il ritmo è sempre incessante e, nonostante le due ore di film, non c’è mai un momento di stanchezza o di noia. Lo spettatore rimane incollato allo schermo perchè per fare un bel film non servono necessariamente telecamere sofisticate ed occhialini 3D, basta saperci fare.
David Fincher riesce a descrivere perfettamente la realtà universitaria da cui nasce Facebook. La ricostruzione dei luoghi è perfetta, l’atmosfera è sempre reale senza mai cadere nel superficiale o nelle macchiette che spesso accompagnano queste realtà. Il passaggio dal presente al passato durante i processi è lineare e conduce lo spettatore all’interno dei due racconti senza mai forzare la mano per rendere più accattivante una persona rispetto ad un’altra.
Jesse Eisenberg è perfetto. Mark Zuckerberg ci appare freddo, a volte assente, in cerca di una continua rivalsa verso qualcuno che lui reputa inferiore. Quando durante uno dei due processi all’ennesima domanda di uno degli avvocati della controparte distrattamente risponde “piove”, non è superficiale è semplicemente se stesso. Quello che per altri è il centro del mondo per lui è contorno, non si droga, non ha fame di denaro ma, vuole solo arrivare, seguendo la sua personalissima etica.
Justin Timberlake è brillante nel rappresentarci Sean Parker ed è divertente pensare ad un cantante che interpreta il nemico dei cantanti e dei discografici. Per lui al contrario di Mark, l’apparenza è molto. I vizi lo hanno accompagnato da sempre e lui non ha mai fatto nulla per perderli. Riconosce in Mark l’occasione per prendersi le rivalse nei confronti di chi lo aveva allontanato precedentemente ma, è vittima della sua distruttiva voglia di andare oltre che lo condannerà un’altra volta proprio quando il successo e, questa volta, anche il denaro sembravano ribussare alla sua porta.
Andrew Garfield (il prossimo Uomo Ragno) porta il buon Peter Parker sul set di The Social Network. E’ lui l’anima candida del film. Quello a cui tutti dicono di no. Non c’è un’idea che parte da Eduardo che trovi realizzazione. Eppure è grazie ai suoi soldi che tutto parte. Ma la sua paura di osare, il suo voler rimanere con i piedi per terra, gli faranno perdere l’amicizia di Mark, gli costeranno l’esclusione dal progetto e lo porteranno ad avere una relazione con una ragazza ‘fuori di testa’. Paradossalmente l’unico personaggio normale del film appare allo spettatore come l’anormale, il diverso. Sembra lui il cattivo, quello che fa di tutto per bloccare un’idea vincente, quando invece è il vero buono, l’amico pronto a dare tutto, la persona a cui affidarsi prima di un salto nel buio.
Un pensiero particolare all’interpretazione di Armie Hammer. I due gemelli Winklevoss sono talmente diversi nel loro essere identici che più di una volta ci si distrae e si pensa che gli attori debbano essere due. Tra l’ottimo lavoro di Hammer ed il capolavoro di Fincher la figura dei due super atleti di Harward, il prototipo del Big Jim americano, ci appare divertente, mai banale.
Il film è stato accusato negli Stati Uniti di essere sessista. Secondo alcuni non esistono personaggi femminili importanti. Effettivamente le ragazze che compaiono all’interno delle scene universitarie o del party finale sono sempre lascive, ragazze facili, pronte a spogliarsi ed a lasciarsi andare ad ogni tipo di vizio, dall’alcool alla droga.
Ma a guardare bene il film sono due donne ad essere essenziali nelle scelte di Mark. La scintilla iniziale, come detto, è data da Erica mentre il personaggio che accompagna Mark nelle scene finali è un avvocato, Marylin Delpy (Rashida Jones), del suo collegio difensivo. E’ lei che lo riaccompagna alla realtà, gli fa riscoprire alcuni sentimenti che lui sembrava aver perso. Lo convince a scendere dal suo piedistallo di ‘superIo’ a cui tutto è concesso e con la frase con cui lo saluta “Tu non sei stronzo, Mark, ma ce la stai mettendo tutta per esserlo“, lo fa riatterrare sulla terra……
Paolo Cosenza