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Recensione di: This is England

‘This is England’ può essere considerato un vero e proprio affresco di parte della società inglese del 1983. La storia è incentrata su un gruppo di  ragazzi sempre alla ricerca di nuovi espedienti per riempire le proprie giornate vuote, mentre sullo sfondo è in pieno svolgimento la guerra delle Falkland guidata dalla lady di ferro Margaret Thatcher. Nel gruppo di ragazzi il protagonista è il piccolo Shaun (Thomas Turgoose), undicenne orfano del padre soldato e ancora prigioniero del suo mito. Il regista Shane Meadows alterna riprese di vita quotidiana girate in un quartiere di Nottingham, assimilabile comunque  a una qualsiasi altra cittadina inglese, a documentari originali dell’epoca e contributi audio attraverso i quali è rappresentata la guerra della Falkland. Le atmosfere del film sono prettamente ‘inglesi’, dando un senso di calma e ordine apparente, quel silenzio dei quartieri residenziali dove il tempo sembra fermarsi e nulla sembra accadere. Un contesto in cui i ragazzi vivono di riflesso le mode che arrivano da una emancipata Londra, lontana però anni luce, e che subiscono il fascino del nuovo, del diverso, riuscendo a fatica a scegliere  tra giusto e sbagliato. E il nuovo viene a coincidere con l’arrivo di Combo (un intenso Stephen Graham) un ragazzo appena uscito di prigione con una visione tutta sua (e del British National Front) del proverbiale nazionalismo inglese, alla ricerca di adepti per ‘ripulire’ la società  dagli immigrati. Senza un padre e con tanta voglia di crescere subito il piccolo Shaun subisce immediatamente il ‘fascino’ dell’autoritario Combo, che lo modella secondo la propria follia. Come spesso accade però, l’apparenza di leader deciso e carismatico nasconde un uomo fragile e solo, incapace di una stabilità mentale adulta. Il tema principale del film è sicuramente il disagio giovanile, terreno fertile per ogni tipo di malessere sociale, in primis il razzismo. Una menzione speciale merita la colonna sonora del film, curata da Ludovico Einaudi, che con il suo pianoforte e i suoi archi riesce a trasmettere gravità, drammaticità e tragicità, arrivando dritto al cuore dello spettatore.

 
Daniele Riccardelli
 
 
 

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