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Recensione di: Una Cella in Due

Quella di realizzare “Una cella in due” (dall’ironico ed allusivo sottotitolo: un film d’evasione!) si è rivelata, sin da subito, una grossa sfida per il regista neofita del cinema (inteso come lungometraggi) Nicola Barnaba, già navigato collaboratore ed aiuto regista di fiction televisive e realizzatore di premiati cortometraggi. Il progetto, nato da un soggetto e successiva sceneggiatura, scritta a quattro mani da Luca Biglione e l’attore comico Enzo Salvi, è una commedia che vorrebbe in qualche modo ispirarsi alla tipica tradizione “all’italiana”, fatta di personaggi e temi reali, e lo fa mettendo in atto gag e battute sul filo della narrativa ad equivoci. La “strana coppia” composta dallo stesso Salvi e da Maurizio Battista (noto al pubblico televisivo per le numerose incursioni in programmi d’intrattenimento e, ai più, per i cospicui spettacoli teatrali), sono gli interpreti di una “messinscena” carceraria dal sapore agrodolce. Romolo è un avvocato d’affari la cui moralità professionale è messa a dura prova da avvenenti segretarie (o meglio soubrette provviste di occhiali e tailleur) e da il desiderio di arricchirsi. Angelo, invece, è un giovane disoccupato, la cui ingenuità lo porta a farsi sopraffare dalla disperazione per la sua condizione sociale (e anche sentimentale!) disastrosa, finendo col diventare un maldestro criminale. Insieme si troveranno a condividere la stessa cella con uno psicopatico che sullo schermo ha il volto di Massimo Ceccherini. Una serie di situazioni irriverenti li porteranno a rivalutare la propria vita e le scelte per il loro futuro. Il film, prodotto da A&B Production e GM Production, si avvale della presenza nel cast oltre che di alcuni giocatori della A.S Roma come Taddei e Rosi, persino di un “volto noto” della radiofonia romana, come Mario “Marione” Corsi, ideatore e conduttore storico del programma “Te La Do Io Tokio” in onda su Centro Suono Sport.

Serena Guidoni

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