Recensione di Una Famiglia – Venezia 74
Secondo film italiano in Concorso a Venezia 74 è quello di Sebastiano Riso, Una famiglia, un dramma consumato nella periferia romana, tra le mura di case popolari, il silenzio e l’indifferenza delle persone. Un film che con crudezza si addentra nell’intimo dei rapporti familiari, quelli del classico nucleo composto da madre, padre e figlio fino alla coppia gay che paga pur di avere un figlio. Tosto, senza peli sulla lingua, Una famiglia commuove e farà soffrire.
I protagonisti sono Vincent (Patrick Bruel), parigino trapiantato in Italia e Maria (Micaela Ramazzotti), più giovane di quindici anni, cresciuta ad Ostia. Insieme formano una coppia che non sembra aver bisogno di nessuno e conducono un’’esistenza appartata nella Roma periferica.
Ad uno sguardo più attento, quella quotidianità dall’’apparenza così normale lascia trapelare però un terribile progetto di vita, portato avanti da lui con lucida determinazione e da lei accettato in virtù di un amore senza condizioni. Un progetto che prevede di aiutare coppie che non possono avere figli. Maria decide però che è giunto il momento di formare una sua famiglia e per farlo dovrà ribellarsi.
Un film costruito tutto intorno alla protagonista Maria, interpretata da Micaela Ramazzotti, in una delle sue classiche interpretazioni da donna bambina, ingenua, che si lascia usare, Una famiglia è una prova autoriale potente per questo giovane regista nostrano, che affronta temi come la violenza sulle donne e l’adozione illegale di bambini nell’Italia omosessuale ed etero.
Una famiglia, ma quale? Che cos’è? Questo viene da domandarsi. È più nucleo familiare una coppia composta da due uomini o due donne o una di quelle classiche composte da un uomo e una donna? La coppia Vincent-Maria si ama veramente? Potranno mai creare una vera famiglia ed essere dei bravi genitori?
Il loro passato li ha già castigati togliendogli tutto: Maria abbandonata dalla famiglia e con una madre che non vedeva da anni, si ritrova orfana, Vincent si è trasferito in Italia dopo aver perso tutti in Francia e Stella (Matilda De Angelis) vive allo sbando, senza nessun sostegno genitoriale.
Incubatrice di vita, ma allo stesso tempo spenta, senza vitalità e anzi, al contrario più orientata alla morte, Maria, nome forse riferito alla stessa Madonna, generatrice di vita, la protagonista vive per dare alla luce bambini che non potrà mai possedere, frustrata e legata ad un uomo che la ama forse, ma fatica a dimostrarlo pienamente, finisce per esasperarsi ed esasperare. E anche soffrire e commuovere, ma… perché un ma c’è!
Ciò che veramente riesce a sostenere il film è infatti l’intensa interpretazione della Ramazzotti, ottimi gli spunti per quanto concerne le tematiche, ma è la modalità con cui queste vengono espresse che finisce per rendere il film debole. Ad una più accurata riflessione, nonostante la commovente drammaticità, allo spettatore rimane ben poco.
Registicamente parlando, il discorso è di per sé lo stesso. Tante buone intenzioni, come per esempio il piano sequenza sul vicinato, primissimi piani che possono però essere definiti riusciti, ma a metà e l’intenzione autoriale di onorare il cinema italiano di decenni addietro.
Dispiace dirlo, ma purtroppo, se da una parte Una famiglia potrebbe essere definito come film tosto, senza peli sulla lingua, dall’altra, persiste il senso di non detto, non definito, di sospeso, in attesa che qualcun altro dica la sua, forse è proprio lo spettatore stesso che deve decidere su cosa riflettere, concludere personalmente il film. Peccato però, una vera opinione in merito dalla parte autoriale avrebbe reso migliore, anzi, avrebbe dato spessore, all’opera.
Alice Bianco