Recensione di: United 93
Poteva Hollywood esimersi dal realizzare un film sulla più grande tragedia degli anni 2000? Ovviamente no! Ed ecco che cinque anni dopo i terribili fatti dell’undici settembre 2001, arriva sul grande schermo United 93. La pellicola ricostruisce, o meglio cerca di ricostruire quello che è accaduto sull’unico, di quei 4 voli dirottati, che non è mai giunto a destinazione: né contro le Torri Gemelle di New York, né al Pentagono. L’aereo United 93 si schianta “misteriosamente” a Shankville in una valle della Pennsylvania, probabilmente grazie ai passeggeri e al personale di bordo che si sono ribellati ai dirottatori e sono riusciti ad evitare un altro schianto mortale, anche se purtroppo non c’è stato nessun sopravvissuto. Paul Greengrass dunque preferisce subito mettere le mani sul volo meno famoso per ricordare al mondo l’attacco al cuore del potere da parte degli estremisti islamici. Spettacolarizzare una tragedia però comporta anche qualche rischio: primo fra tutti l’essere retorici. Ma fortunatamente il regista evita bene questo pericolo. Come? Consegnando l’azione più che alla psicologia dei personaggi, al montaggio serrato, alla colonna sonora che alza la tensione e culmina nella meravigliosa sequenza finale: un vero e proprio pugno allo stomaco. Non c’è alcun intento (ed è anche giusto così) di rendere una verità politica dei fatti. L’azione immaginata da Greengrass rispecchia un po’ quello che ci si aspetta da un film sul terrorismo, dove i cattivi sono i cattivi e i buoni scoprono solo quando sono coinvolti dentro l’azione di poter diventare eroi per il mondo intero. L’empatia si crea facilmente anche perché quell’undici di settembre ha cambiato (e vogliamo essere retorici!) un po’ tutti quanti.
Davide Monastra