Redemption – Identità Nascoste – Recensione
Scritto e diretto dal regista inglese Steven Knight, protagonista Fuori Concorso alla recente Mostra del Cinema di Venezia con Locke, approda sugli schermi il film precedente ad esso, Redemption – Identità nascoste, un thriller d’azione e di sentimenti, che ruotando intorno all’attore britannico Jason Statham, riflette sugli errori umani e punta tutto sulla possibilità di riuscire a riconquistarsi un posto nel mondo.
Fuggito da un ospedale militare in cui era stato ricoverato durante una missione in Afghanistan, Joseph “Joey” Smith (Jason Statham) vive come un senzatetto tra le strade di Londra per evitare la corte marziale. Una notte, scappando da dei balordi, forza una finestra e si ritrova dentro ad un lussuoso appartamento, scoprendo che il proprietario tornerà otto mesi dopo. Joey pensa allora di ricominciare una nuova vita, prima lavorando come cuoco in un ristorante, poi come gangster per la mafia cinese. Sorella Cristina (Agata Buzek) invece, è una suora conosciuta alla mensa dei vagabondi, che si avvicinerà a lui sempre di più, bisognosa di giustizia o redenzione come Joey.
Soldato, uomo e padre, Joey il Matto, come si fa chiamare dai senzatetto della buia e meno conosciuta Londra, è il protagonista della pellicola, che descrivendosi nei minuti finali si paragona ad una macchina da guerra. La figura che traspare sin dall’inizio infatti, è quella di un uomo ridotto a robot sempre all’erta, un’arma umana resa tale dalle difficili condizioni di guerra in cui i militari vivono in Afghanistan: l’unica cosa che riesce ad indebolirlo è l’alcol, che usa per spegnere la sua sete di sangue e distruzione.
Suor Cristina invece è il suo diretto opposto. Figura angelica che aiuta i barboni della metropoli, fa parte dell’ordine delle “Sisters of Redemption” (Sorelle della Redenzione) e “caritatevolmente” e non solo, si sente attratta, coinvolta e spinta in prima persona a dover aiutare Joey, a fargli cambiare vita una volta per tutte.
La redenzione, presente in termini religiosi, si riferisce quindi alla volontà di trovare serenità e perdono confessando i propri peccati ed ottenendone l’assoluzione, ed è proprio ciò che cerca di fare Joey, così come sorella Cristina. Due opposti che alla fine si attraggono, entrambi, aprendosi l’un l’altro, scopriranno che la sofferenza e il passato in generale, sono i loro talloni d’Achille: affrontandoli decideranno se dare una svolta alla loro vita o se continuare a camminare per la tortuosa strada scelta.
È bene però non spingersi troppo oltre nel rivelare la trama del film, che presenta certo un’architettura narrativa e registica simile a molti altri del genere action thriller, ma sa far leva anche ed innanzitutto su Statham, che dimostra maturità espressiva rispetto ai soliti ruoli da “macho man”, così come sulla composizione scenografica e sulla fotografia. Chiaroscuri, scene di sogni ed allucinazioni, quelle con i colibrì protagonisti e la capacità di differenziare senza slegare, i luoghi del degrado con quelli lussuosi, dimostrano come la mano e la fantasia di Knight siano presenti, ma le lacune sono però evidenti sia nella sceneggiatura che nei dialoghi, a volte al limite del ridicolo.
Montaggio parallelo finale che sa di Hitchcock e la giusta dose di riflessione sulla vita e sulle scelte perpetrate, fanno di Redemption – Identità nascoste, una pellicola sui generis, non il massimo per ciò che ci si sarebbe aspettati da un bravissimo Steven Knight, ma senza dubbio guardabile e capace, in alcuni momenti, anche di far emozionare.
Alice Bianco