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Run Boy Run – Recensione

Arriva nella sezione Alice nella città il film tratto dal best seller di Uri Orlev, “Run Boy Run”, in una storia che seppur tratti  di un argomento più volte rivisitato, del genocidio più cruento della seconda guerra mondiale in Polonia, lo fa qui con uno sguardo nuovo, attraverso quei bambini che hanno trovato rifugio nella verde Foresta di Bialowieza.

Jurek ha solo 8 anni, ma ha già vissuto la crudeltà del mondo. Fuggito dal ghetto di Varsavia, il piccolo, deve imparare a sopravvivere nascondendosi nella foresta, dove lavorerà come bracciante dopo essersi finto orfano.
 
Il regista premio Oscar Pepe Danquart, ci racconta con questo toccante film l’Odissea che moltissimi bambini, ma non solo, hanno dovuto sopportare durante gli stermini della Seconda Guerra Mondiale. Jurek ha 8 anni, ma è costretto a crescere presto, a imparare a lavorare,  tanto quanto a mentire, per sopravvivere.

La Foresta diventa, come aveva provato a fare Andrea Segre ne “La prima neve”, l’alter ego del piccolo protagonista: selvaggia, incontaminata e quindi ancora da plasmare. Ma allo stesso tempo si trasforma nella sua migliore amica; un po’ madre, che gli da rifugio e aiuta il protagonista a crearsi un carattere e una storia. E’ un bambino che sta, nonostante abbia vissuto l’orrore dei ghetti in quel periodo, creando il suo universo e lo capiamo anche dalle moltissime soggettive che Danquart ci offre, aprendo allo spettatore tutte le vie per capire al meglio il suo protagonista.

“Run Boy Run” è una pellicola che emoziona anche grazie ad un montaggio ben curato e all’interpretazione dei gemelli Tkcaz nel ruolo di Jurek. Un bambino che è metà già adulto, nel coraggio che dimostra in alcune situazioni, ma ingenuo e incantato sui meccanismi che si instaurano nei rapporti umani, troppo complessi per uno che ha solo 8 anni.

La solarità di Jurek è proprio uno degli elementi che più riesce a conquistare lo spettatore grazie al suo eroismo che allo stesso tempo riesce a commuovere e a far sorridere. Il film di Danquart è un romanzo di formazione che, nonostante lo sfondo in cui è inserito, riesce a trasmettere dolcezza e una grande capacità nel raccontare il percorso, forse in parte prematuro ma forzato dagli eventi, per la ricerca e l’affermazione del proprio io e della propria identità.

Sara Prian

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