Saint-Laurent – Recensione
Dopo Grace di Monaco e Mr. Turner, Cannes porta in concorso un’altra pellicola biografica: Saint-Laurent, di Bertrand Bonello. Un biopic, poco ben visto dall’omonima casa di moda, che presenta un Sain-Laurent giovane, sbarazzino, ma assolutamente decadente.
Il film è incentrato tutto sulla figura dello stilista (Gaspard Ulliel), in particolare, su un periodo importante della vita di Saint Laurent, una decina d’anni (1965 e il 1976), quelli che furono decisivi sul piano professionale, ma segnati da un vissuto difficile.
Nonostante si tratti del secondo film uscito in pochi mesi sulla vita del famoso stilista, dopo quello di Jalil Lespert, il netto divario tra i due film è ben visibile. Quello uscito in precedenza era caratterizzato da una perfetta aderenza stilistica, attento, curato, a tratti fin troppo, il film di Bonello invece, è un’esplosione di colori, ipnotico ed allucinato.
Il regista e lo sceneggiatore, Thomas Bidegain, si sono concentrati sul fiorente e giovane Saint-Laurent, quello che si avviava ed iniziava a fare i primi passi nel mondo della moda, il tutto con uno sguardo sfuggevole d’estasi, esattamente come quella provata dal protagonista, durante i festini a casa di Jacques de Bascher (interpretato da Louis Garrel).
Gli ambienti della moda, la mondanità e lo sballo, sono contrapposti al mondo privato di Saint-Laurent, che a casa sua si sente se stesso, anche se all’inizio appare come una silhouette, uno schizzo che ancora deve definirsi.
Il percorso che lo porterà a diventare il celebre stilista che è stato, sarà caratterizzato da tanta malinconia ed allucinazione, mostrando questo suo lato nascosto, senza però mai cadere nell’esagerato, anzi, riuscendo grazie al brillante lavoro di fotografia e luci, a rendere queste scene artistiche.
Con grande abilità stilistica, Bonello è riuscito anche ad accostare alla storia personale di Saint-Laurent quella del Paese stesso, omaggiandone il periodo storico (De Gaulle e la guerra in Vietnam), il tutto senza andare fuori tema, creando un miscuglio eterogeneo di elementi.
Ottima anche la prova del protagonista, Gaspar Ulliel, immedesimatosi perfettamente nella parte, senza cadere troppo nel personaggio, rimanendo quindi se stesso. Buone anche le interpretazioni del resto del cast: da Pierre Berge’ (Jeremie Renier) a Loulou (Lea Seydoux) e Talitha (Jasmine Trinca).
Un ritratto a tinte forti e colorate, il biopic di Saint-Laurent è una piacevole sorpresa, che nettamente si distacca dal film di Lespert e che con uno sguardo tutto nuovo, meno classico e più originale, si dimostra il vincitore di questa gara a due.
Alice Bianco