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Se Sposti un Posto a Tavola – Recensione

Arriva con un anno di ritardo nei cinema italiani, ma la pellicola francese Se sposti un posto a tavola (Plan de Table) è la classica commedia fresca ed estiva adatta al periodo.

Marie (Louise Monot) ed Eric (Lannick Gautry) si conoscono su un treno diretto ad Avignone e da lì inizia la loro amicizia, li ritroviamo dopo sei anni, lei vestita con un abito da sposa e lui… è uno degli invitati alle nozze di lei. Fra di loro però, sembra esserci più di un’amicizia, poco prima che inizi il ricevimento infatti, i due si intrattengono con varie effusioni ed inavvertitamente i segnaposto sul tavolo in cui si stanno baciando, cadono. Eric non sa che fare e pensa a ciò che comporterebbe mischiare i foglietti: darla vinta al caso, oppure no?

Ed è proprio il caso o il destino, tipici elementi delle commedie americane, che in questa, di origini franco-belghe, sembrano lasciare il posto all’arbitrio dell’uomo.  È questa infatti la vera novità di Se sposti un posto a tavola, la classica storia romantica costruita su una serie di equivoci e contornata da gags divertenti ed attori che sono dei veri e propri caratteristi.

Certo è però, che l’influsso del medesimo genere, hollywoodiano o inglese, si sente eccome. Gautry, prende quindi il posto del britannico e più famoso Hugh Grant, copiandone o magari spontaneamente, facendone le stesse espressioni facciali; Marjorie (Audrey Lamy), la sorella maggiore di Marie, ricalca le orme dell’eterna ed inguaribile romantica Bridget Jones, per non parlare del personaggio di Arnau e dell’attore che lo interpreta, Mathias Mlekuz, un francese Colin Firth.

Oltre all’importante apporto del cast, quindi, la pellicola risulta vincente e ben costruita, grazie anche alla brillante e poco caotica sceneggiatura, scritta a quattro mani dalla regista Christelle Raynal con Francis Nief, così come il montaggio di Philippe Bourgueil, che nonostante le intricate vicende e la ripetizione della medesima storia, rendono il ritmo del film scorrevole.

L’elemento di qualità di questa comédie è proprio l’abilità nel raccontare la storia e, sebbene ispirandosi a Sliding Doors, sorpassarne il genere, rendendolo più realistico. Come le strofe della canzone degli Status Quo “What Ever You Want” che accompagna i minuti finali del film, (“Whatever you want/Whatever you like/Whatever you say/You pay your money/You take your choice”), Eric lascia la volontà di scegliere i posti a sedere, proprio a coloro destinati a quel tavolo, strizzando l’occhio al fato e facendo sì, che sia l’uomo ad essere l’artefice del proprio destino.

Spazio e tempo non hanno una dimensione, in questa pellicola che è sicuramente adatta agli inguaribili romantici, ma che piacerà un po’ a tutti, divertente e da prendere senza troppo pensarci su, godendosi, al contrario del film stesso, ciò che riserverà fotogramma dopo fotogramma, senza porsi domande e lasciarsi semplicemente trasportare da quel destino contro cui combatte il protagonista.

Alice Bianco

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