Snowpiercer – Recensione
Siamo nell’anno 2031. Un esperimento che avrebbe dovuto risolvere il problema del riscaldamento globale ha invece causato una nuova glaciazione, e quasi tutti gli abitanti della Terra sono stati sterminati. I pochi superstiti vivono all’interno di un grande treno in moto perpetuo, lo Snowpiercer, dove vige una spietata tirannia incentrata sulla discriminazione di classe: i miserabili in coda, i ricchi verso la motrice. Sarà la rivolta, a costo di immani sacrifici. Il veicolo come microcosmo interno, sintesi delle ingiustizie e delle storture da cui è afflitta la gran parte del genere umano. Una parabola fantascientifica non facile da portare avanti, ma dopo un inizio lento e descrittivo il film decolla rivelando una potenza metaforica davvero notevole. Joon Ho-Bong (regista coreano a cui dobbiamo ad esempio l’originale monster movie “The Host”) coniuga mirabilmente violenza, suspense e commozione, aggiungendo alla mistura massicce dosi di ironia grottesca che rappresentano sia un alleggerimento sia un contrappunto ai passaggi drammatici. Col procedere della vicenda si moltiplicano i colpi di scena e le invenzioni, al servizio di un messaggio inequivocabile e al tempo stesso (pregio non diffuso di questi tempi) volti a catalizzare l’attenzione del pubblico al quale è rivolto. Raramente il disgusto, il divertimento e l’indignazione sono stati calibrati con tale accuratezza sul grande schermo, e non è frequente mantenere il ritmo costante in un prodotto lungo oltre due ore. Nel suo apparente “tirarla per le lunghe”, Snowpiercer riesce anzi a tirar fuori dal cilindro nuove sorprese e nuovi spunti di riflessione fino ai titoli di coda, senza mai rinnegare la propria contaminazione di toni e di sensazioni. Nel cast, impegnato per lo più in performance volutamente contenute e dunque adeguate al tetro contesto claustrofobico, spiccano il coreano Kang-ho Song (già versatile protagonista in The Host, nonché in opere di Park Chan Wook come Mr. Vendetta) e l’impeccabile John Hurt, senza dimenticare la breve eppure significativa prestazione di Ed Harris nei panni di un cattivo ottuso e manipolatore. Contro ogni dittatura, di estrema destra in primis, è uno spettacolo che si fa ricordare.