Sole a Catinelle – Recensione
Torna Checco Zalone con la sua irriverente comicità che questa volta graffia di meno rispetto a precedenti, lasciando più spazio alle emozioni in una sceneggiatura, però, fortemente slegata.
Checco (Checco Zalone) promette al figlio Nicolò che se riuscirà a prendere tutti 10 in pagella potrà fare con lui la vacanza dei suoi sogni. Quando il figlio rispetterà i patti, portando a casa dei voti perfetti, toccherà a Checco, in crisi finanziaria, trovare un modo per accontentare il figlio.
Squadra vincente non si cambia. Ed ecco che al timone del terzo film del fenomeno comico italiano c’è ancora Gennaro Nunziante che decide, questa volta, di firmare anche la sceneggiatura accanto a Zalone.
Ben presto si capisce che la pellicola, questa volta, si fonda principalmente su gag e momenti esilaranti con una storia di fondo debole che non riesce a fare da collante all’ironia senza freni del comico pugliese.
Le battute prendono vita prima nel confronto con la società rurale delle campagne molisane, piene di anziani e senza tecnologia, un po’ come il paese di “Ci vediamo domani” con Brignano, poi l’effetto comico si genera sull’esatto opposto con la ricchezza che l’incontro con Zoe porterà nella vita di padre e figlio.
Se anche è interessante l’idea del confronto delle due realtà italiane, i due elementi non trovano una vera e propria continuità, ma appaiono come due tronconi di film che faticano a trovare un elemento che li colleghi.
Intelligentemente, però, Zalone qui si sposta dalla facile satira politica a quella verso il popolo italiano visto anch’esso come elemento non del tutto positivo. Il comico, infatti, sembra dirci che se la situazione in Italia è quella che viviamo, la colpa non è soltanto delle alte cariche, ma anche di quei cittadini che amano vivere in un certo modo, che vedono, ma non parlano e via discorrendo.
Il comico si fa qui portavoce dell’italiano medio: finto stupido, finto innocente, ma a volte innocente davvero. L’Italiano onesto che si contrappone alla parte di popolo che questa Italia l’ha mandata in rovina è il lietmotiv nascosto, ma nemmeno troppo, di questa moderna favola morale.
Zalone c’è, la sceneggiatura, invece, zoppica. Una pellicola demenziale, ma vedibile, dove bisogna entrare nell’ottica del mondo del comico, con la sua particolare ironia, per goderselo appieno e lasciarsi trascinare dalle risate.
Sara Prian