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Spiders 3D – Recensione

C’erano una volta i ragni venezuelani di “Aracnofobia”, quelli vintage di “Tarantola” e quelli che saltavano di qua e di à di “Arac Attack”, ora è il tempo del vero trash, con gli animaletti a otto zampe direttamente dallo spazio di “Spiders 3D”, pronti a mutare in creature giganti ed invadere…. ovviamente New York!

Cresciuti in un satellite russo degli anni ’80, questi ragni, si schiantano in un tunnel della metropolitana e Jason (Patrick Muldoon), addetto al traffico dei treni, scoprirà l’esistenza di queste bestiole, mentre l’esercito evacuerà la zona insabbiando la realtà dei fatti con la scusa di un pericoloso virus. Toccherà quindi a Jason salvare l’ex moglie e la figlia da queste bestioline e dal ragno madre, dalle dimensioni di un dinosauro.

In questi giorni si è parlato tantissimo del trash movie “Sharknado” che può essere tranquillamente avvicinato alla pellicola di Tibor Takács con una grande differenza: la pellicola sugli squali sa di appartenere ad un certo filone e non si prende sul serio, questi ragni, invece, lo fanno anche troppo.

In una pellicola che da disaster movie, sembra ad un certo punto virare verso un’opera di denuncia ad un governo che insabbia la verità, diventando così troppo serio, per un film che dovrebbe solamente intrattenere, ma che arranca anche nel fare quello.

Partendo dall’idea di rendere una sorta di omaggio al quel cinema fantascientifico tipico degli anni ’50, Spiders 3D, non riesce ad andare oltre ad un prodotto che sembra più indirizzato alla televisione, piuttosto che alle sale, con dei momenti di noia quasi imbarazzante. Anche la stessa computer grafica è riuscita a metà: quando i ragni si trovano nell’inquadratura da soli tutto risulta realistico, quando devono interagire con gli esseri umani, lo stacco tra le due realtà è fin troppo evidente.

A questa pellicola manca l’inventiva, lo slancio, la voglia di offrire ai cinefili più incalliti un vero e grande omaggio ad un cinema che non esiste più, regalando invece una storia posticcia, dove non ci si riesce nemmeno a rapportare coi protagonisti, tra i quali c’è l’immancabile e poco originale situazione “ex-moglie” – “figlia che si sente abbandonata”.

Su tutto questo si aggiunge la mancanza di un po’ di sano umorismo che avrebbe reso sicuramente più godibile la visione. Un film in grado di giocare, questo in maniera ottima, la sua unica carta vincente: fare presa sull’aracnofobia degli spettatori, lasciando invece perplesso il resto del pubblico.

Sara Prian

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