Split – Recensione
Thriller, horror, un film sospeso tra generi diversi, ma capace di entrare nella mente dello spettatore, sconvolgendolo. Dopo il poco apprezzato The Visit, M. Night Shyamalan, famoso per essere il regista de Il sesto senso, torna sul grande schermo dimostrando bravura dietro la macchina da presa e per quanto riguarda la sceneggiatura, regalando una pellicola di grande spessore. Ottimi i protagonisti, l’immenso James McAvoy e la giovane, ma brava Anya Taylor-Joy.
E’ proprio lei, Casey, una ragazza introversa e problematica, che assieme alle amiche Claire e Marcia, viene rapita da un maniaco (James McAvoy), che le rinchiude in uno scantinato. In attesa di scoprire che ne sarà di loro, verranno a conoscenza delle diverse personalità che coabitano nella mente del loro rapitore: un bambino, una donna e altre ancora, molto più pericolose.
Un ritorno al grande cinema quello di Shyamalan, che con Split pone al centro della vicenda un uomo affetto da personalità multipla. Potrebbe essere in grado, ad un certo punto, di sbloccare le enormi potenzialità del proprio cervello? E cosa succederebbe a quell’uomo che potrebbe diventare una Bestia?
La risposta alla domanda percorre e dà ritmo all’intero film, dimostrando come la psiche, argomento ancorato alla realtà, possa raggiungere la sfera del soprannaturale. L’epilogo, senza svelare nulla, finisce per mutare repentinamente il registro e la percezione generale del film, portando a rivederlo globalmente sotto un’altra luce.
Sono la violenza, il desiderio, la rabbia, la sofferenza e il dolore sopito a muovere le corde del burattino e burattinaio Kevin/Barry/Dennis e le altre ventuno personalità diverse del protagonista. L’indagine psicologica, le sedute di terapia e i dialoghi accorati tra l’uomo e Casey, aiutano lo spettatore a conoscere i meandri dell’animo umano ed animale dello psicopatico.
Ben peggiore del Norman Bates di Psyco, Kevin/Barry/Dennis, egregiamente interpretato da James McAvoy con la sua tragica umanità, la sua disarmante insensatezza e l’angosciante crudeltà, entra fin da subito nella mente dello spettatore. A sottolineare ancor di più l’alienarsi dei protagonisti, il loro essere diversi dagli altri, l’incredibile e trascinante regia di Shyamalan.
Nonostante la nomination ai Razzie Awards, il cineasta ha voluto rischiare, confezionando una pellicola che ricorda molto Il sesto senso, capace di mantenere viva la tensione e coinvolgendo il pubblico, fino al finale, un plot twist che si rivela essere il punto forte del film. Un ritorno in grande spolvero per Shyamalan, per una pellicola che è violenta, tesa ed asfissiante, perfetta, tipica del regista.
Alice Bianco