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St. Vincent – Recensione

Maggie (Melissa McCarthy), madre divorziata, trasloca insieme al figlio dodicenne David (Jaeden Lieberher). Impossibilitata ad occuparsi del ragazzino a tempo pieno (il lavoro di radiologa non le lascia respiro) lo affiderà al nuovo vicino di casa, Vincent (Bill Murray), irascibile pensionato beone dedito alle scommesse sulle corse dei cavalli e pericolosamente indebitato. La strana coppia stringe presto una amicizia,  da cui scaturisce complicità ed una reciproca comprensione. Vincent, in fondo, è un uomo buono e sensibile, in lotta contro i problemi e i dispiaceri della propria esistenza. Un pizzico di calcolato e ruffiano sentimentalismo si intravede, inutile negarlo, ma i punti forti della pellicola relegano il difetto sullo sfondo e lo tramutano in un limite trascurabile. L’esordiente Theodore Melfi scrive e dirige una dramedy arguta ed accattivante, infallibile nel pizzicare le corde dell’ironia in accordo con quelle della malinconia. Tempi comici ben misurati, e graffiante cattiveria che al momento opportuno cede il posto ai passaggi teneri e commoventi. In armonia con tale equilibrio sono anche i dialoghi, con battute qui spiritose e lì intrise di amaro sarcasmo, in ogni caso condotte a segno. Riconosciuti i meriti di regia e sceneggiatura, gli elogi maggiori spettano alla performance del cast. Murray è garanzia di talento e sembra nato per il ruolo, eppure la resa toccante della sua interpretazione riesce a sorprendere. Mette tutto se stesso nel disegnare un personaggio tragicomico e al contempo sfaccettato, verosimile, irresistibilmente sospeso tra cinismo e disincanto. Si muove sul filo del gigionismo e lo schiva con la grazia dei grandi attori, attraverso l’”aggressività passiva” in cui eccelle. Lo affiancano in scioltezza lo scricciolo Lieberher, baby co-protagonista in simbiosi totale con l’anziano partner, e un’insolita quanto incisiva Naomi Watts nei divertenti (e credibili) panni della prostituta russa Daka. Come suggerisce il titolo, e come sarà chiarito del tutto nel corso degli ultimi minuti, “St. Vincent” è inoltre un film religioso non convenzionale. Personale, fuori dagli schemi, non per questo avaro di sfumature e di significati. Da vedere per ridere, piangere, riflettere.

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