Ted 2 – Recensione
Orsacchiotto o essere umano? Una mera ‘proprietà’ o una persona?
Il dilemma si fa (quasi) serio nell’atteso follow-up del grande successo del 2012 che vedeva protagonista l’orsetto più vizioso e sboccato che si sia mai visto sul grande schermo, Ted appunto.
Il ‘deus ex machina’ di quell’exploit, Seth MacFarlane, torna nelle vesti di attore, regista e voce (oltre che corpo nascosto dentro una tuta motion capture) di Ted 2. Questa volta si affronta un problema cruciale: legalizzare o no l’irresistibile orsetto?
La storia riprende dopo che è passato un po’ di tempo dalla prima avventura. Siamo sempre a Boston, dove vivono i due grandi amici, John Bennet (Mark Wahlberg) e il suo inseparabile orsetto di peluche Ted. John è di nuovo single dopo la fine dell’unione con Lori, mentre Ted convola a nozze con la sua vistosa e bionda collega Tami-Lynn. Ma neanche l’unione di un orsetto con una donna è esente da problemi: e così la coppia, per cercare di salvare il matrimonio, decide di adottare un bambino dopo una serie di tentativi andati male (o anche peggio) di trovare un donatore di sperma. Ma le speranze di adottare un bebè vengono schiacciate quando il Commonwealth del Massachusetts dichiara che Ted non è un essere umano ma una proprietà. La domanda di adozione viene quindi respinta. Non solo, l’orsetto perde anche il suo lavoro al negozio di alimentari e viene informato che il suo matrimonio è stato annullato. Ted chiede l’aiuto di John per citare in giudizio lo Stato: ma l’unico avvocato disposto ad aiutarli è la giovane Samantha L. Jackson (Amanda Seyfried), legale alle prime armi e dipendente dalla marijuana per scopi terapeutici. Ted perde la causa e allora i tre decidono di recarsi a New York per cercare di convincere il leggendario avvocato Patrick Meighan (Morgan Freeman) a difenderlo in appello.
E così ecco l’improbabile terzetto all’avventura nella Grande Mela.
Non c’è dubbio, questa volta si alza decisamente il tiro: perché dimostrare che un orsacchiotto è un essere umano non è cosa semplice. Il dito è puntato sulla necessità umana di catalogare le persone in piccoli gruppi. E così la storia dell’emarginazione di Ted è un po’ come quella della discriminazione verso i gay o i neri. E la battuta della giovane avvocatessa liberal, cade a fagiolo a rendere chiaro il messaggio: “in ogni battaglia per i diritti civili siamo in grado di riconoscere il giusto punto di vista solo anni dopo il fatto: mai quando il conflitto è in corso”.
Trovare la personalità giuridica di Ted che rischia di essere bollato come “property” cioè “un bene”, fa scivolare il film verso uno finale da favoletta dove la battaglia dell’orsetto per il riconoscimento di ‘essere dotato di sentimenti’ ha un esito a dir poco scontato.
Ma il bello è altrove.
Ricco di citazioni cinefile e omaggi (un titolo su tutti Jurassic Park), gag più o meno volgari (la scena nel laboratorio dei campioni di sperma) o irresistibili (il pasticciato ‘volo’ commesso da un Ted improvvisato automobilista che finisce con l’auto direttamente dentro un fienile), inseguimenti (da applauso quello in un campo di marijuana), il film diviene pirotecnico soprattutto nella seconda parte, a dispetto dello scontato plot. La comicità del vecchio e illustre stile slapstick (voli, salti, pugni e porte in faccia) si mescola alla perfezione con i prodigi della tecnologia del terzo millennio che fa animare un orsetto di peluche inserendolo in un contesto live action senza la minima sbavatura, tra corsette e scazzottate. I movimenti dell’orsetto, il doppiaggio, l’interazione con gli attori in carne e ossa e l’ambiente, tutto è perfettamente congegnato per garantire incassi stellari, come da copione per tutti i sequel di grandi successi.
Operazione furbetta o meno, non si può comunque non riconoscere l’abilità del ‘factotum’ Seth MacFarlane di frullare alto e basso, comicità scurrile e citazionismo, sesso e droga, in una commedia che sa far ridere ma che sa anche essere soprattutto una satira al vetriolo sulla moralità e le abitudini dell’uomo comune (guardate che fine fanno gli appassionati di jogging), giocando duro e con tutta la scorrettezza possibile (arrivando a ridurre in polvere perfino un gruppo di comici da cabaret tirando in ballo questioni spinose come l’11 settembre o Charlie Hebdo).
I personaggi dell’universo-Ted fanno alla grande la loro parte: dalle vecchie conoscenze come la volgarotta Tami –Lynn (Jessica Barth), lo psicopatico Donny (un perfetto Giovanni Ribisi) che ordisce un nuovo piano per rapire Ted, e il ‘vero’ supereroe Flash Gordon alias Sam J. Jones, fino alle new entry Amanda Seyfried (un’avvocatessa principiante) e Morgan Freeman nei panni di una star del foro (eh si, ci voleva proprio lui per dirimere la questione).
Metteteci poi un losco boss di una multinazionale di giocattoli (John Carroll Lynch) in combutta con il folle Donny per rapire Ted e poterlo studiare e replicare, un asso della giurisprudenza che deve guidare l’accusa contro Ted (John Slattery) e camei di lusso come quello del quarterback dei New England Patriots Tom Brady (un potenziale donatore di sperma per Ted) e il piatto è servito.
Perso (inevitabilmente) l’effetto-sorpresa dal primo capitolo, il risultato di questo sequel è comunque piacevole: dall’incipit-omaggio al musical hollywoodiano, al finale rutilante ambientato durante il Comic-Con di New York (gli appassionati del genere avranno di che deliziarsi).
Ma, attenzione, Ted 2 non è roba da bambini, proprio no. Basta guardare l’orsetto fumare serenamente marijuana da uno strano… ‘coso’ (anche se l’inquietante radiografa di un cervello “fumato” è una bella trovata).
Elena Bartoni