The Counselor – Il procuratore – Recensione
Direttamente dalla penna e dall’idea di Cormac McCarthy arriva sugli schermi The Counselor – Il procuratore, un film tratto dall’omonimo romanzo, che nel suo intricato gioco di metafore, pensieri a ruota libera e personaggi mediocri nel loro benestare, delude le aspettative di molti, sacrificando un cast stellare e anche l’attenzione e la pazienza del pubblico.
A Juarez (Messico) tre affaristi della malavita, Reiner (Javier Bardem) e la compagna Malkina (Cameron Diaz), Westray (Brad Pitt) ed un avvocato (Michael Fassbender) sono implicati nei traffici del cartello della droga locale e costretti a subire gli effetti del furto di una partita di droga. Reiner e Westray sono abituati, l’avvocato invece, imminente alle nozze con la fidanzata Laura (Penélope Cruz) vive e ama come una persona normale, non curandosi dei rischi. Per sua sfortuna, tra gli ex clienti vi è il responsabile del furto e di conseguenza lui e tutti quelli a lui vicini sono diventati il bersaglio dei potenti del cartello.
Droga, sesso e niente rock n’ roll, questi gli elementi presenti nel film e motivo scatenante della lotta cacciatore-preda che si perpetra ed è il tema principale delle quasi due ore di interminabili sproloqui ed informazioni a raffica che è The Counselor, una pellicola creatrice di caos e dispersione nel pubblico.
L’avidità e la spietatezza umana, messe in evidenza dal film, hanno il volto del facoltoso avvocato sexy interpretato da Michael Fassbender, prima cacciatore, furbo ed intraprendente che ben presto diventa la preda dei narcotrafficanti, così come quello di Reiner, un Javier Bardem oltre le righe, che imprenditore cocainomane, finisce per essere derubato di tutto, anche della sua vita.
Westray, interpretato da un efficace Brad Pitt letteralmente nelle vesti di un cowboy che sa il fatto suo, è presentato invece come l’angelo che poco seraficamente mette in guardia l’avvocato dalle possibili conseguenze dei propri affari, sebbene si trovi anch’esso implicato nel giro di droga e criminalità che imperversa al confine.
Le figure femminili presenti sono l’una il contrario dell’altra: Laura è il simbolo della purezza, l’unico personaggio ad essere sempre vestito di bianco e a tenere una croce al collo, Malkina felina e famelica, come più volte si descrive, un vero e proprio ghepardo alla ricerca della sua preda.
Nonostante le buone interpretazioni di Brad Pitt e Cameron Diaz in primis, il film però, risente di una sceneggiatura e dialoghi poco costruiti, solamente abbozzati e non equilibrati. A tratti intensamente affascinanti e quasi filosofici, finiscono per cadere nella volgarità gratuita e in alcuni punti appesantiscono la trama, che di per sé non spicca tra le migliori dei film di Ridley Scott e lascia poco a desiderare.
Una prova che ha finito solamente per sacrificare molti degli attori, a cominciare dal protagonista Fassbender, per non parlare di Penélope Cruz, quasi un’esclusa dal gruppo e Javier Bardem, zimbello e pagliaccio. Un vero peccato, per un film di cui si era tanto parlato, ma che ha finito per essere denigrato in America e probabilmente replicherà in Italia.
Alice Bianco