The Divergent Series: Insurgent – Recensione
Puntuale, due anni dopo il primo capitolo, torna sul grande schermo l’universo distopico nato dalla fantasia della scrittrice Veronica Roth. Nella futura società umana, ipocritamente “pacificata” mediante una divisione in caste basate sulle capacità ed attitudini individuali, è iniziata la lotta per la liberazione dalla tirannia. La Divergente Tris Pryor e i suoi amici hanno sventato i piani degli Eruditi, ma la spietata Jeanine è decisa a tutto pur di fare piazza pulita ed imporre il trionfo del sistema. Sarà necessario stipulare nuove alleanze, e superare prove dolorose, prima di vedere la luce in fondo al tunnel. Dal primo Divergent non è cambiato granchè, per quanto riguarda il potenziale della sceneggiatura: originalità latitante, compensata dalla capacità di stimolare la riflessione e comunicare emozioni, almeno su platee molto giovani. A mutare è semmai la mano che, per così dire, mescola la minestra. Neil Burger cede infatti il posto a Robert Schwentke, già regista di Red e “Poliziotti dall’aldilà”, ed il passaggio di testimone lascia tracce evidenti. Burger appariva nel complesso meccanico e programmatico, come spesso accade quando viene trasposta la “letteratura per giovani adulti” (spettacolo costruito a tavolino e su misura, destinato anzitutto agli appassionati dei romanzi). Aveva però il merito di dirigere a passo sostenuto, affidandosi all’impeto cinetico della cinepresa ed al gusto di trascinare lo spettatore all’interno delle ambientazioni. Ora Schwentke non disconosce del tutto quel ricorso arioso al dolly ed al piano sequenza, vedi la panoramica mozzafiato nel finale o la corsa verso il treno. Tenta però una scrittura registica più articolata e personale, maggiormente concentrata sui dialoghi ed i sentimenti dei personaggi. Ciò comporta un peso superiore sulle spalle degli attori, fardello retto dignitosamente sia dai giovani protagonisti sia dai veterani e dai nuovi arrivati. Sempre brava Shailene Woodley, sguardo deciso e forza celata dietro la fragilità (contenuta senza essere monocorde), ed efficace Naomi Watts con sfumature vagamente inquietanti. Non convince, invece, l’andatura a corrente alternata del film, dovuta a ritmi e tempi non sempre calibrati a dovere. Si avverte uno sforzo creativo appagato solo parzialmente dai risultati, con idee di regia molto buone sulla carta che nel concretizzarsi non si staccano dalla sufficienza stiracchiata.. La pecca più grave sta nel non marcare con adeguata incisività le sequenze connesse al leit motiv dell’incertezza, realtà/sogno e verità/illusione. Molta azione, parentesi struggenti e qualche discreto tocco visionario (la casa in fiamme), non riscattano la carenza di guizzi inventivi . Un’ avventura fantascientifica rigorosamente per ragazzi, guardabile ma piuttosto amorfa sul piano della messinscena e, soprattutto, meno “autentica” di quanto il regista vorrebbe. Chi la gradisce potrà gustare due ulteriori pellicole (terzo atto diviso in due parti, oramai è la prassi).