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The Giver – Il mondo di Jonas – Recensione

Vent’anni fa il romanzo da cui è tratto il film era stato bandito dalle scuole americane perché considerato troppo audace e forte, a causa dei temi trattati, ma oggi, grazie all’attore Jeff Bridges (presente anche nelle vesti di produttore) The Giver – Il mondo di Jonas, primo di una quadrilogia, sbarca al cinema. Passato presente e futuro vengono messi in discussione in un mondo e una pellicola stranianti, che avviluppano lo spettatore fin dai primi fotogrammi, facendogli vivere una storia che sa di realtà e finzione e che proprio come per Jonas, cerca di aprire gli occhi e l’animo dello spettatore facendo leva sulla psicologia, per fargli vedere un po’ di quell’oltre ricercato.

Da qualche parte nel tempo e nel mondo esiste una società che ha scelto come valore l’uniformità. Non ricordando il loro passato e la loro storia, uomini, donne e bambini vivono una realtà senza colori, senza sogni, senza emozioni, senza intenzioni. A decidere tutto è un consiglio di anziani. Durante la Cerimonia dei 12, che accompagna gli adolescenti verso la vita adulta, ad ognuno di loro viene affidato un mestiere secondo le proprie inclinazioni, Jonas (Brenton Thwaites) è destinato ad ‘’accogliere le memorie’’. Il ragazzo viene affidato ad un donatore (Jeff Bridges), un uomo anziano e solo che porta dentro di sé tutta la bellezza e la tragedia dell’umanità. Intuita la sensibilità di Jonas, l’uomo lo condurrà per mano in quel mondo dimenticato.

Dopo Hunger Games e Divergent, l’ambiente distopico di Jonas, che all’apparenza non sembra essere molto diverso da quello delle due saghe, si tinge, anzi si scolora e fin dall’inizio compare bianco e nero: solamente il protagonista, quasi come fosse dotato di un terzo occhio, è in grado di vedere alcuni colori.

Colori, come anche le emozioni e i sentimenti, che agli altri abitanti di quel mondo, sono negati. L’uniformità regna sovrana e solamente Jonas ne rappresenta la diversità, è infatti colui che, attraverso la guida dell’attuale ‘’accoglitore di memorie’’ (suo futuro donatore, ‘’the giver’’ appunto) scoprirà le gioie e i dolori di quel mondo che non conosce, ma che governato da amore e conflitti e quindi dai sentimenti e dalle emozioni, probabilmente è finito per disintegrarsi.

Sospeso in mezzo alle nuvole, come il regista Phillip Noyce lo mostra, il mondo in cui vive Jonas è ingabbiato in uno schema ed in convinzioni e regole che tarpano le ali ai suoi abitanti. Quel volo liberatorio del protagonista nelle ultime scene del film, rappresentano proprio la libertà e capacità di esercitare il libero arbitrio.

Quel mondo di pace, inglobato e protetto da quella bambagia, nasconde però segreti, bugie e malvagità, perché non tutti pensano, come Jonas e il donatore, che il passato sia importante per evitare di commettere gli errori precedenti, sebbene infatti questo microcosmo possa sembrare il futuro, è utile pensarlo come ad un presente che ancora possa essere cambiato.

È proprio questo il tema chiave della pellicola, che porta a galla altri argomenti importanti e sempre attuali (individualità, sessualità, perdita di valori ed emozioni etc.), per un racconto che sembra avere tutte le carte in regola per essere senza tempo, così come questa pellicola, che permette di riflettere sull’oltre, di tornarci a ripensare ogni tanto e che grazie a quel suo essere evocativo, permette di spaziare, di pensare in concreto, attraverso le immagini, a concetti astratti, mantenendo il tutto in perfetto equilibrio e fluidità, per una pellicola che si dimostra degna rivelazione del periodo.

Alice Bianco

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