The Green Inferno – Recensione
Torna dopo anni di latitanza come regista, Eli Roth, per presentare al festival di Roma la sua ultima, splatter, fatica: “The Green Inferno”. Una evidente lettera d’amore ai film sul cannibalismo che furono.
La trama è semplice, come sempre: un gruppo di attivisti provenienti da New York si ritrova, nella foresta Amazzonica, a diventare ostaggio di una tribù cannibale in via d’estinzione.
Eli Roth, lo sappiamo, ama come il suo maestro Quentin Tarantino, prendere ispirazione dal cinema anni ’70 e ’80, omaggiandolo poi con le loro opere. Qui è quello che fa con “The Green Inferno” riprendendo un sottogenere e facendolo proprio.
L’elemento di maggior attrattiva di tutta la pellicola è, ovviamente, il momento splatter, quello in cui il cannibalismo viene messo in atto ed Eli Roth ci mette un po’ a portarci su questa dimensione, utilizzando invece lo schema classico dei film horror che negli ultimi tempi hanno invaso (ahimé) le nostre sale. Prima, infatti, abbiamo tempo di conoscere i protagonisti, rallentando così il ritmo della pellicola.
In questa pellicola non c’è la verve trovata in alcune sue pellicole precedenti come “Hostel”, ma è come se il regista volesse far rivivere il genere horror più primordiale, finendo così per dividere inevitabilmente gli spettatori.
Certo, Roth non dimentica di portare a galla alcune delle paure più recondite del genere umano come perdersi in un posto sconosciuto, essere catturati, trasformarsi da predatori in prede.
“The Green Inferno” ci mette un po’ a macinare ma, superati i primi cadaveri, il film prende il via trasformandosi, finalmente, in qualcosa di sicuramente più interessante. Quello che infatti vediamo nella seconda metà è un horror che, nuovamente, dividerà il pubblico, ma al contrario di prima: chi voleva qualcosa di classico si troverà inorridito davanti alle immagini disturbanti che seguiranno.
Manca però, ancora, quel pizzico di ironia in più che avrebbe reso più appetitoso il tutto (anche se certe scene in CGI non possono non provocare una sonora risata).
Una pellicola riuscita a metà che forse deluderà i fans più accaniti, ma che sicuramente divertirà altri, anche nella durezza di alcune scene.
Sara Prian