The Imitation Game – Recensione
La tecnologia, la mente e il cuore messi a disposizione della guerra. Finora il cinema non aveva ancora pensato di raccontare una storia come quella di Alan Turing, fino a pochi anni fa nascosta, riguardo al secondo conflitto mondiale, ma con delicatezza e una buona prova registica, Morten Tyldum è riuscito ad intrecciare i drammi del periodo con l’intelligenza, le emozioni e i sentimenti del protagonista.
Turing, interpretato dal bravo Benedict Cumberbatch, altri non è stato che colui grazie al quale si sono potuti evitare altri due anni di conflitto mondiale. Reclutato assieme ad un piccolo gruppo di cervelloni, fra cui un campione di scacchi e un’esperta di enigmistica, ebbe il compito di decriptare il codice Enigma, ideato dai nazisti per comunicare le loro operazioni militari in forma segreta. Tra flashback della vita di Turing nel collegio maschile, dove iniziò ad interessarsi ai codici e non solo, si arriva al 1951, anno in cui il matematico venne arrestato per sodomia dalla polizia, alla quale raccontò la sua storia.
Riprodurre, decifrare, mentire e sacrificarsi per il bene comune, in The Imitation Game è tutto giocato su questo. I geni matematici, guidati dal pioniere dell’informatica, Turing, per motivi patriottici, di interesse mondiale ed anche personali, sono costretti a vivere in una perenne simulazione, la falsità è lo scudo che usano per difendersi e proteggere il Paese.
L’astuzia, l’intelligenza e l’amore per gli enigmi e la scienza, sono invece le armi segrete per annientare il nemico, quell’Hitler che lo spettatore vede in alcuni estratti di cinegiornale, ma che sembra essere lontano dalla devastazione delle città e soprattutto dalla fretta di dover decrittare i codici segreti che smascherino le sue operazioni tabù.
Quegli stessi tabù sui quali Tydlum e lo sceneggiatore, Graham Moore hanno scelto di puntare. Oltre al necessario lavoro di copertura del gruppo di geni, la segretezza riguarda anche la diversità sessuale di Turing, il suo “finto matrimonio” e un gioco di spionaggio e doppiogiochismo interni.
Ecco quindi che di povertà di narrazione e semplicità della stessa, il film non può essere accusato, gli intrecci, i segreti, le rivelazioni e i colpi di scena mantengono l’attenzione dello spettatore, garantendogli di essere partecipe di quell’operazione nascosta e allo stesso tempo di entrare in empatia con i personaggi.
Forte è infatti il messaggio d’amore che sprigiona il film in alcuni suoi rapporti pieni di significato: quello fra Turing e la sua macchina per la decifrazione, Christopher, quello di stima, comprensione e purezza di sentimento con Joan (Keira Knightley), quello tabù tra il protagonista e gli uomini che ama ed infine quello fra la tecnologia e l’uomo, uno scoprirsi a vicenda.
Intenso, drammatico, ma anche ironico, ricercato nei dettagli narrativi e registici e con ottime interpretazioni dell’intero cast, The Imitation Game si rivela un ottimo esordio europeo per il regista norvegese, in grado di catturare l’anima del conflitto, ma anche il cuore della tecnologia e dei rapporti umani.
Alice Bianco