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The Lazarus Effect – Recensione

Era l’estate il tempo degli horror, ma quest’anno il cinema ci regala anticipatamente qualche nuova pellicola del genere, alla quale si poteva fare anche a meno. Si tratta di The Lazarus Effect, del newyorkese David Gelb, un horror interamente girato in una location, il laboratorio di esperimenti, con una sceneggiatura però pessima e un cast poco azzeccato.

Protagonisti del film sono alcuni ricercatori, capeggiati da Frank (Mark Duplass) e Zoe (Olivia Wilde), che trovano il modo di riportare in vita i defunti. Dopo aver completato con successo, ma senza autorizzazione, un esperimento su un animale appena morto, il rettore della loro Università viene a saperlo e sospende il progetto. Il team però non si ferma, Zoe si presta come cavia e viene orribilmente uccisa. Frank tenta allora di resuscitarla, quello che però pare un successo, porterà a delle terribili conseguenze.

The Lazarus Effect rappresenta per Gelb l’esordio al cinema di finzione, per uno come lui più portato ai documentari, il risultato infatti, non è dei migliori. Nella pellicola ci sono in gioco la vita e la morte e la sottile linea che le divide, ma ben presto l’eterna filosofia viene scacciata via da un uso “orribile” di effetti speciali e trovate poco ortodosse, che fanno cadere il film in una fossa profonda.

Troppi spaventi ad effetto, poca originalità e un’atmosfera che non riesce ad inquietare, bensì a far sorridere. Questo è The Lazarus Effect; ad aggiungersi ad una prima parte da horror classico e superato, ci sono temi religiosi come la trasmigrazione dell’anima e il Paradiso e l’Inferno, tutto questo nel turbine scatenato dalla rediviva Zoe.

È bene infatti spendere una parola per la protagonista, Olivia Wilde, un’attrice sottovalutata, ma che scegliendo pellicole così, sembra ahimè, sminuirsi da sola. Le carte in regola per interpretare una horror queen le aveva, ma non convince fino alla fine, complice anche una sceneggiatura di per sé quasi inutile.

Horror non significa necessariamente effetti speciali o presunti tali, in The Lazarus Effect invece, tutto pare molto superficiale e quando la narrazione si sbilancia un po’ di più, si strafà, peggiorando la situazione.

Un vero peccato per un esordio al cinema di finzione come quello di Gelb, ma la prevedibilità è sempre la scelta sbagliata, per non parlare poi del voler trattare temi importanti e cadere nello scontato. Poca paura e tanta delusione.

Alice Bianco

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